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Fotografi, stili, mostre e "gabbie" |
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4/11/2005 13:12 Da Roma
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Apro una discussione su un argomento che mi sta a cuore, sperando nell'intervento di tutti e in modo particolare di chi vive in prima persona l'argomento (mi vengono subito in mente Il Bavarese e Marco).
Mi pare, generalizzando, che (sia in fotografia che in pittura!) a parità di qualità artistiche venga premiato (dalla critica ma soprattutto dal "circuito commerciale" quindi gallerie, mostre, pubblicazioni etc.) l'autore che prima innova con un proprio stile e/o con una ben determinata scelta di soggetti, e poi però rimane ben ancorato a questa linea, proponendo negli anni opere sempre immediatamente riconoscibili e riconducibili al filone da lui stesso creato. Qualche nome, i primi che mi vengono in mente sia in pittura che in fotografia (e restando negli ultimi 100 anni), tanto per fissare le idee: Picasso, F.Fontana, Dalì, Newton, Bacon, Hamilton. Questo significa intanto che chi "arriva secondo", ovvero si muove in un solco già tracciato (o comunque "portato alla ribalta") da qualche "grande", parte svantaggiato (vi vengono in mente, così su due piedi, altri Cubisti famosissimi oltre Picasso?). E significa anche che una volta raggiunta la notorietà con un certo stile/soggetto, diventa difficile proporsi con qualcosa di diverso. Qual'è il vostro pensiero al riguardo? So di aver semplificato molto, ma d'altronde se si fanno duemila Distinguo e precisazioni non si finisce più; peraltro a mio parere l'eccezione conferma la regola... Ciao e grazie per l'attenzione! Fer
Inviato: 27/12/2005 13:37
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Re: Fotografi, stili, mostre e "gabbie" |
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13/5/2004 17:25 Da lombardia
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...Ca...ppero !!! E ti pare poco ? Cos'altro dovrebbe fare un Artista, oltre che creare uno stile, vale a dire un linguaggio suo proprio e identificabile che - ed è questo il punto cruciale - nasce dall'esigenza di presentare, con la maggiore evidenza e forza possibile quella che viene definita la sua "poetica" ovverossia il suo modo di vedere il Mondo? I "secondi", come li chiami tu valgono meno? Se sono semplici "imitatori" di uno stile, non è che valgono meno: in realtà non valgono NIENTE ! Lo Stile non è un capriccio, un ghiribizzo fatto tanto per essere originali. Lo Stile, per chi è artista realmente, osia per chi ha una visione personale ed originale delle cose, nasce quasi naturalmente e, comunque, di necessità . Appunto per permettere a chi osserva l' Opera d'arte di comprendere la visione del mondo che ha l' Artista...ed in ciò aumentare la sua sensibilità e la sua crescita estetica. Lo Stile, se non giustificato da una peculiare vione; se ridotto e pura "maniera" o imitazione, ha ben poco senso. Più o meno chiunque saprebbe oggi riprodurre una tela imitando lo stile di Picasso ( questo naturalmente non vuol dire che gli accostamenti di colore, le campiture, i contrasti e le giustapposizioni sarebbero altrettanto riusciti: gli Artisti dominano la tecnica in maniera sovrana), ma cosa mai significherebbe? Chi lo facesse, avrebbe forse l'occhio di Picasso? E nel campo delle fotografia, visto che hai citato Newton, basta forse usare una modella alta, con stivali neri di pelle, e contrasti di luce forte, per realizzare una foto di Newton ? Quelli sono i semplici ingredienti di una ricettina. Ma Newton li utilizzava per esprimere tutto un mondo, una cultura mitteleuropea a cavallo tra fine 800 e prima metà del 900, tutta una tensione nella guerra dei sessi, l'erotismo misto a decadenza che era proprio di certi esponenti dell'alta borghesia e della nobiltà tedesca che Newton aveva conosciuto, perchè in fondo ne faceva parte. Chi altri, senza quel background culturale e quella particolare sensibilità che lo rendeva unico, potrà fare le foto che faceva Newton? Tu dici "a parità di qualità artistiche". Ma non c'è, nè puà esserci questa parità . Chi viene dopo, o è anch'esso un vero Artista, e allora saprà trovare sicuramente una sua via originale e di conseguenza non verrà "dopo", altro che in senso meramente cronologico. Oppure è un semplice imitatore di uno stile; ed allora la sua opera non puà avere le stesse qualità artistiche dell'originale, per la semplice ragione che non è "sincera", non ha ragioni d'essere profonde e non nasce da una visione artistica ed personale delle cose. Questi imitatori possono ingannare per un certo tempo, anche abbastanza lungo, critici e pubblico...Ma prima o poi si riescono a distingure le vere opere d'arte dalle patacche .
Inviato: 27/12/2005 13:59
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Re: Fotografi, stili, mostre e "gabbie" |
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25/2/2004 15:54 Da Roma
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Non essendo in grado di dare una risposta al quesito di fondo (quello relativo al circuito commerciale), metto solo qualche nota a margine, in modo da confondere un po' le idee, se possibile.
Non sempre nelle arti figurative (ma anche nelle altre forme) c'e' un caposcuola, a volte le idee "sono nell'aria" e si originano dei movimenti di piu' o meno ampio respiro, in cui ogni aderente fa la sua parte. Penso ad esempio al Futurismo (che tra l'altro fu interdisciplinare), dove non saprei dire se Severini o Balla o Boccioni o chi altro possa essere considerato l'iniziatore per la parte figurativa. E' difficile distinguere in termini di primi e secondi, occorre vedere caso per caso se chi "arriva dopo" aggiunge qualcosa di nuovo o sfrutta un filone. Nel caso del Cubismo (in cui inserirei Braque a pari merito), Picasso avra' anche dipinto "Les Demoiselles", ma senza la ricerca di Cezanne a monte e senza l'ispirazione dell'arte africana, magari sarebbe nato qualcos'altro.. (tra parentesi, Picasso non mi sembra il prototipo di artista rimasto ancorato a uno stile, avendone frequentati diversi nel corso della sua lunga attivita'). Ho iniziato il discorso senza sapere bene dove volevo andare a parare, lo stesso provo a trarre una qualche conclusione. Credo che gli artisti siano soprattutto esseri dotati di "potenziale" mentale. Le opere scaturiscono da una congiunzione di fattori anche contingenti, primo tra tutti l'incontro con gli altri artisti (presenti e passati) e le loro opere, che fanno da innesco per "la scintilla" che porta all'opera originale. Ovviamente senza il potenziale, esiste solo la copia piu' o meno furba, piu' o meno spendibile.
Inviato: 27/12/2005 15:44
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Re: Fotografi, stili, mostre e "gabbie" |
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8/2/2005 19:08 Messaggi:
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Interessante discussione, e capita a proposito rispetto ad alcune considerazioni che mi impegnano in questo periodo.
Sono convinto che il vero artista prova determinate emozioni e trova un modo per esprimerle nuovo, che necessariamente si fonda su quell'amalgama composto dalla sua mente e dal contatto con il mondo. Chiaramente molti fattori entrano in gioco in questo contatto, dalle esperienze introiettate, alle componenti inconsce, alla cultura di riferimento ed all'incontro con altre culture. L'originalità di tutto ciò produce la base di un'opera d'arte. L'esposizione all'arte spesso conduce a forme, anche inconsapevoli, di imitazione, come, d'altro canto, esistono percorsi simili che possono portare a risultati analoghi, o quasi analoghi, nell'espressione artistica. Esiste poi il fenomeno delle scuole, o dei gruppi, o dei movimenti, nei quali ogni singolo aggiunge qualcosa di suo ad un sentire comune, ad una matrice molto simile, se non identica; spesso, poi, esistono le mode, forma degenerativa del fenomeno scuola, nel quale qualcuno costruisce, all'interno di una forma d'arte che tira, che vende, della quale si parla, una carriera artistica. Condivido il fatto che l'artista vero, una volta trovata la possibilità di rappresentare il suo mondo, non si distacchi da questa rappresentazione, poiché essa diviene del tutto necessaria nel rapporto tra sé e il mondo, interiore ed esterno; chiaramente è possibile uno sviluppo, un cambiamento, una svolta, ma non è necessario nel determinare una linea generale, non è detto che debba per forza esserci. A volte mi capita di fare lavori dove è evidente la "citazione" di altri: sono foto che mi danno soddisfazione, anche magari belle foto, ma nulla di più, sono omaggi ad artisti che ho amato così tanto da averli interiorizzati al punto di vedere un po' come loro... Questo non mi basta, le foto finiscono in un cassetto, dimenticate... Il mio sforzo è di vedere diversamente, deve essere il mio incontro fra me e il mondo, sfrondato dall'esposizione all'arte altrui, sebbene tanto amata, e se necessariamente, per affinità culturale o per altre analogie, c'è vicinanza ad una scuola, ad un movimento, deve esserci tuttavia qualcosa che distingue, che differenzia, che aggiunge, che innova. In caso contrario, meglio aspettare: mai parlare, se non c'è nulla da aggiungere...
Inviato: 27/12/2005 15:58
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sono moderno, non contemporaneo | ||
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Re: Fotografi, stili, mostre e "gabbie" |
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21/5/2005 16:44 Da Riviera del Brenta
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Discussione intrigante e un pò complessa
Se devo vendere le opere faccio quello che vuole la gente se devo fare qualcosa che mi sento dentro faccio quello, senza peraltro stare a pensare se sto immitando qualcuno, sicuramente nel mio percorso formativo sono stato influenzato da qualcuno prima di arrivare ad oggi. Spero in forma molto riassunta aver espresso quello che penso senza uscire dal tema. Ciao Stefano
Inviato: 27/12/2005 18:38
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..................... In un mondo dove tutto cambia rapidamente dedicatevi qualcosa in grado di fermare il tempo........... ... Tessera C.F.A.O n°1 ......... ... |
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Re: Fotografi, stili, mostre e "gabbie" |
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9/12/2004 21:10 Da Toscana
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Ciao a tutti,
la mia idea l'ho espressa altre volte, e cioe' che se Picasso non fosse stato l'istrione che era probabilmente il cubismo non sarebbe mai nato. Mi spiego meglio. Nell'arte nascono periodicamente nuove tendenze e l'artista che emerge e' spesso, per non dire sempre, quello che ha piu' da dire, non solo artisticamente ma anche verbalmente. D'altronde un artista e' un individuo vulcanico, esuberante, controverso, a volte rissoso, normalmente evoluto culturalmente, e spesso non si sa se e' l'artista a far emergere l'opera o l'opera a far emergere l'artista. Ora io l'ho buttata sul semplice, non sempre ovviamente e' cosi', ma spesso certi autori vengono valorizzati dopo la morte, come se in vita non avessero saputo far riconoscere la loro arte. Altri invece la impongono, e sono subito famosi. Avevo fatto un lungo discorso, ma come al solito senza dire niente la linea e' caduta e ho perso tutto. Questa e' una sintesi brutale e cruda, ma spero si sia capito il mio pensiero, anche se non e' in realta' drastico come l'ho espresso qui. Ciao, Renzo
Inviato: 27/12/2005 19:13
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Re: Fotografi, stili, mostre e "gabbie" |
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Grazie Renzo, un piccolo consiglio per non perdere tutto quando cade la linea: alla fine dello scritto e prima di inviare il messaggio, seleziona tutto il testo e copialo nella clipboard (insomma il classico control-C).
Così nel caso peggiore un bel Control-V e hai di nuovo il messaggio. Fer
Inviato: 27/12/2005 20:10
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Re: Fotografi, stili, mostre e "gabbie" |
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Grazie Fer,
il fatto e' che me ne accorgo quando premo su "invia" e subito dopo perdo tutto. Ma anche a voi succede questo scollegarsi continuamente quando praticamente internet non e' attiva perche' stiamo scrivendo? Ciao, Renzo
Inviato: 27/12/2005 20:17
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Re: Fotografi, stili, mostre e "gabbie" |
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Guarda Renzo lo stesso problema accadeva anche a me quando scrivevo un testo off-line poi,una volta attivato il collegamento,cliccato su invia:perdevo tutto,ho risolto facendo in questo modoff-line mi preparo il testo sul blocco note,finito lo scritto,mi collego,e poi come ti ha anche riferito Fer Ctrl+C,apri il tuo Thread,e poi con Ctrl+V,incolli tutto,nell'area Messaggio,ed il problema è risolto.
Ciao Joe
Inviato: 27/12/2005 20:43
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Re: Fotografi, stili, mostre e "gabbie" |
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Grazie joe60,
in effetti pensavo di fare anch'io cosi', almeno quando prevedo di scrivere un po' di piu'.. Oppure prendo l'abitudine, come dice Fer, di salvarmi l'immagine di quanto ho scritto. Pero' li' per li' rompe le scatole.... Ciao, Renzo
Inviato: 27/12/2005 21:43
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Re: Fotografi, stili, mostre e "gabbie" |
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Ma io non parlavo di salvare l'immagine, ma di salvare proprio il testo digitato... e prima di premere Invio.
Fer
Inviato: 27/12/2005 21:53
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Re: Fotografi, stili, mostre e "gabbie" |
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Si Fer,
parlando impropriamente di "immagine" del testo parlavo di salvare il testo. Comunque il fatto che le interruzioni succedano anche ad altri mi consola. Ciao, Renzo
Inviato: 27/12/2005 23:45
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Re: Fotografi, stili, mostre e "gabbie" |
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Mamma mia!, argomento vasto, complesso e...spinoso!!!
Non è facile dare una risposta generale senza fare centinaia di deviazioni o di distinguo, cmq provo a buttare giù un pò di riflessioni senza che ci sia necessariamente un filo conduttore, poi vediamo cosa ne esce fuori. Io partirei dal discorso delle gallerie/curatori museali/critici e da chi finisce nelle loro "grazie". Abbiamo più spesso ripetuto che i galleristi sono delle strane creature, un misto tra il fine conoscitore d'arte che ama proporre arte solo per la "pura" soddisfazione di farlo ed il commerciante proteso alla logica del profitto. La coesistenza sullo stesso livello di queste due caratteristiche fanno si che la tua frase "a parità di qualità artistiche", abbia poi poco senso all'atto pratico quando un gallerista deve scegliere se rappresentare un artista piuttosto che un altro è un fattore di cui si tiene conto ma insieme ad altri fattori altrettanto importanti per un gallerista. E' ovvio che la validità di un lavoro debba essere il criterio di base (e magari di questo parleremo meglio dopo), così come la qualità concettuale e la sua contemporaneità , l'essere rilevante nella scena artistica attuale, oppure l'essere un opera storicizzata, ovviamente nel caso di gallerie specializzate in arte moderna, ma mi sembra che di queste stiamo parlando. Però per un gallerista è altrettanto importante che ci sia un pensiero dietro al lavoro proposto e che questo pensiero possa essere sostenuto, manifestato, meglio se brillantemente, dall'artista stesso (è il famoso "sapersi vendere" a cui faceva riferimento Renzo). E' importante poi che ci sia un artista affidabile e serio che possa garantire continuità , regolarità e puntualità nella consegna dei lavori. E' importante che l'artista sia anche serio nel perseguire un certo tipo di percorso, partecipare a eventi pubblici e privati, Biennali, Fiere, che insomma dia garanzie di volere e potere rimanere nel mondo dell'arte per parecchi anni. E questo perchè non solo il gallerista non vuole rimetterci la faccia con i proprio clienti (pensa che figuraccia vendere il lavoro di un giovane esordiente che poi sparisce nel nulla dopo pochi mesi), non solo perchè fa parte della serietà e professionalità della galleria avere degli artisti non solo di valore ma anche "affidabili", ma anche perchè un gallerista serio ama seguire di persona il proprio artista, ama aiutarlo crescere e ama vedere il proprio nome e quello della prorpia gallleria di fianco a quello dell'artista quando questo ha raggiunto magari una fama mondiale. Ecco perchè la "qualità artistica" dei lavori non è che uno dei tanti aspetti che entrano in gioco quando si decide di proporsi alle gallerie, ed ecco perchè non è il solo aspetto su cui un gallerista baserà il suo criterio di scelta. Poi è anche vero che i galleristi, una volta scelto di rappresentare un artista, sono in grado di mettere in moto un apparato di critica ed espositivo per cui un autore, dai meriti apparentementi simili a quelli di molti altri, venga "premiato" dalla fortuna commerciale ed editoriale. Poi è anche vero che i galleristi sono spesso i primi responsabili della "resistenza" al cambiamento, molti galleristi vorrebbero che un artista continui a proporre più o meno lo stesso tipo di lavori che gli hanno portato la fortuna commerciale, così tutti corrono meno rischi. Ci tengo però a sottolineare che questo è particolarmente vero per i grandi "mercanti" che hanno un pò di tutto nel loro catalogo, i galleristi che invece amano seguire personalmente pochi e selezionati artisti non porranno mai dei limiti alla voglia di cambiamento e sperimentazione dell'artista. Certo che però, per tutti, quello che è molto importante è la riconoscibilità che, a volte, puà essere anche sinonimo di "innovazione" o, come dici tu, di "arrivare per primo" a certe soluzioni, anche se io concordo con Raffaello, le idee, un certo "sentire", è sempre nell'aria, è un sentimento condiviso magari da una intera generazione ma magari soltanto uno riesce a portarlo ad "estreme" conseguenze. Cmq dicevo, la riconoscibilità è un fattore importante, ma non solo per il gallerista, ma anche per l'artista, perchè spesso significa che hai trovato un tuo linguaggio personale, una tua voce autentica, che penso sia una delle ambizioni di ogni artista (lo diceva anche Rimbaud, "trovare una lingua!"), aldilà delle diverse motivazioni per cui si fa arte, senza considerare che nel mercato dell'arte moderna, così "inflazionato" da centinaia di migliaia di lavori, essere riconoscibili è un fattore importante (ed ecco che salta di nuovo fuori l'ambivalenza di prima, ricerca artistica e commercio d'arte). Ma secondo me se uno fa arte per una ineludibile necessità personale, per una incontenibile necessità di ricerca, mai questa "riconoscibilità " potrà essere un vincolo alla voglia di cambiare, a sperimentare, mai sarà una catena a rimanere "ancorati a questa linea", e questo nonostante il "conservatorismo" commerciale di alcuni galleristi e della stragrande maggioranza dei collezionisti d'arte. Anche perchè la mia esperienza come fruitore d'arte è che, una volta che un artista ha finalmente raggiunto questa sua voce autentica, allora questa autenticità , questa riconoscibilità , si rivelerà in modo naturale anche in progetti completamente diversi...non so se riesco a spiegarmi, ma secondo me quando hai "trovato una lingua" hai anche trovato la grammatica ed il vocabolario per poterla parlare sempre, anche se dalla fotografia concettuale passi a quella di paesaggio... Poi c'è anche il caso di che rimane ancorato ad una linea, continua a proporre un certo tipo di lavori, e sempre per una necessità intellettuale o artistica, puà essere ad esempio il caso degli artisti della Scuola di Dusseldorf che è 30 anni che lavorano sempre e solo intorno ad un tema, e della cui onestà intellettuale e creativa io non dubito, però ecco, l'importante è che sia una ineludibile esigenza personale, altrimenti hai ragione tu, è solo mero opportunismo commerciale... Mmmmmmmhhhhhhh, mi sono perso, volevo anche dire qualcosa sulla contemporaneità e sul fatto che la fotografia di paesaggio è "bandita" dalle gallerie d'arte moderna, ma non son più se è in tema o no ...
Inviato: 28/12/2005 14:15
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Re: Fotografi, stili, mostre e "gabbie" |
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Grande!!
Intanto grazie a tutti i Fotoavventurieri che hanno partecipato, stanno venendo fuori tante cose interessanti, si accendono tante luci... Ringrazio Marco in particolare per avermi fatto percepire, in poche righe, tanti aspetti di un mondo che conosco poco. Penso che tutte le considerazioni anche laterali sul discorso ad esempio della fotografia di paesaggio, siano comunque a tema, "food for thought" come dicono gli anglofoni. Grazie di nuovo a tutti, e naturalmente discussione ancora apertissima. Fer
Inviato: 28/12/2005 14:26
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Re: Fotografi, stili, mostre e "gabbie" |
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Comincio allora con un paio di domande: secondo voi la fotografia di paesaggio, così come viene proposta dai moderni fotografi di paesaggio più comunemente noti (cioè lasciando peredere quelli storicizzati, Ansel Adams, Weston ecc.ecc, e riferendomi a Fatali, Burkett, Cornish, Muench, Dikynga, Briot...), parla la lingua della contemporeaneità , è "attuale" da un punto di vista artistico, cioè ha raccolto le pulsioni, le idee, i tormenti, la complessità del pensiero moderno (o post moderno)? Oppure il suo linguaggio, i suoi temi, i suoi obiettivi formali ed espressivi prescindono da tutte le rivoluzioni artistiche che sono accadute dal 1940 ad oggi? E ancora. Possiamo sostenere che la fotografia di Burtynsky, quella di Misrach, di Shore, di Eggleston, di Baltz, alcune cose di Gursky e Struth siano la sola fotografia di paesaggio possibile oggi, l'unica fotografia di paesaggio attuale?
Inviato: 29/12/2005 15:03
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Re: Fotografi, stili, mostre e "gabbie" |
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Bella domanda!!
...difficile dirlo, perché non sono sicuro di poter individuare correttamente "le pulsioni, le idee, i tormenti, la complessità del pensiero moderno". Tra l'altro penso ci siano differenze tra il "sentire" fotografico di un tedesco (es.) e di un tibetano; cioè, la cultura in cui si cresce influenza anche la nostra percezione e il nostro modo di "vedere", di comunicare, di fotografare in ultima analisi. Rimanendo più a tema, credo che la fotografia di paesaggio si sia molto "evoluta" tecnicamente (penso a Briot così su due piedi, ma anche certi lavori dello stesso Reichmann per rimanere su personaggi facilmente ricercabili su web) e sia andata verso immagini molto meno descrittive e molto più emotive. Cià detto, rimane probabilmente il genere che è rimasto più simile a se stesso, meno "contaminato" sia come stili che come contenuti. Quindi tornando alla tua domanda, credo che rifletta poco tutte le vicissitudini e i cambiamenti avvenuti nel mondo dell'arte figurata, sicuramente meno di altri generi fotografici... Fer
Inviato: 29/12/2005 15:18
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Re: Fotografi, stili, mostre e "gabbie" |
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Ciao Marco
Come fotografia di paesaggio possibile intendi vendibile artisticamente ? La foto di paesaggio contemporaneo secondo me puà e deve convivere con quello classico ,una non scalza l'altra sono solo modi di vedere c'è chi vede positivo (dolomiti, pini, torrenti ecc) e chi vede negativo (copertoni, fabbriche, rifiuti ecc) e chi fotografa l'uno e l'altro in base al suo umore o predisposizione del momento. IL MONDO E' BELLO PERCHE' E' VARIO. Stefano
Inviato: 29/12/2005 18:09
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Re: Fotografi, stili, mostre e "gabbie" |
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Ciao Marco,
Penso che Stefano abbia con schiettezza e semplicita' espresso anche il mio pensiero. C'e' da dire un'altra cosa pero'. Fare un paesaggio classico che dica di piu' di quanto detto fino ad oggi non e' molto facile, mentre la strada che porta a dire qualcosa di diverso e' piu' agevole. Varie sono le possibilita' di interpretare un paesaggio "diverso", e c'e' una possibilita' maggiore di trovarsi una nicchia poco sfruttata. Io stesso sono in crisi di identita' in quanto paesaggista. Mi piaceva esprimermi con gli scenari maestosi della montagna, ma quando ci andavo mi mancava l'attrezzatura, ora che ce l'ho mi mancano troppe altre cose. Quindi debbo guardare piu' vicino. Mi affascinano i paesini medioevali, che rappresentano un museo all'aperto di una cultura e del modo di vivere dei nostri avi, in mezzo alle difficolta' di spostamento e quindi all'isolamento, alla fame, e al freddo. In fondo e' un paesaggio anche questo, ma per fare un buon lavoro bisognerebbe essere single o avere una moglie come la tua, che ha i tuoi stessi interessi e lo stesso entusiasmo. Non sempre IL MONDO E' BELLO PERCHE' E' VARIO... Ciao, Renzo
Inviato: 29/12/2005 21:11
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Re: Fotografi, stili, mostre e "gabbie" |
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Come al solito, non sapendo dare una risposta secca alle domande di Marco, vado per la tangente, piu' o meno.
Penso che il concetto di "ispirazione" sia ancora valido. Credo anche, almeno "as far as I can see", che sia essenziale conoscere lo "stato dell'arte", ovvero avere cognizione del panorama artistico passato e presente, conoscere le tecniche e anche la storia dell'arte. Vedo meno utile fare un ragionamento a priori su "cosa sia arte oggi" e cosa no, o meglio su "come si debba fare arte oggi". Veramente credo al modo istintivo, perfino inconscio, di generare arte e molto meno al ragionamento critico, da parte dell'"artista". Ho messo le virgolette proprio perche' non riesco a conciliare il fatto di "essere artisti" con quello di "voler essere artisti" o dichiararsi programmaticamente tali. Probabilmente tutto questo fa parte del mio modo ingenuo di vedere e cose, insomma questa e' "l'arte come la farei io se fossi artista".. poi se la smazzeranno i critici e gli storici (e i galleristi e i compratori). E con questo ho vinto il Premio Speciale per il post piu fumoso del 2005 (ormai siamo alla fine..)
Inviato: 30/12/2005 8:55
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Re: Fotografi, stili, mostre e "gabbie" |
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Intervengo anche io nella discussione. Ho letto con interesse i pareri di ognuno di voi e devo ammettere che trovo negli interventi di tutti dei punti in comune con quelle che sono le mie sensazioni in proposito.
Premetto che non conosco il mondo delle gallerie e del mercato dell'arte da vicino. Penso però¶ che al giorno d'oggi (e probabilmente non solo al giorno d'oggi) il mondo dell'arte dal punto di vista dello smercio e della visibilità sia equiparabile al resto del libero mercato. Questo significa che, seppure con le dovute differenze, esso è regolato dalle stesse leggi di mercato di tutti gli altri prodotti con i quali veniamo a contatto quotidianamente. A questo proposito valgono tutti i discorsi fatti sul ruolo dei galleristi che con la loro abilità e fiuto commerciale sono in grado di spingere e supportare adeguatamente un artista. Non dico che sia sufficiente un supporto di questo tipo per entrare nel mercato moderno dell'arte, senza basi artistiche valide probabilmente il gioco reggerebbe per poco tempo, ma sono convinto che sia pi༠facile che un mediocre autore sapientemente spinto ed introdotto riesca a guadagnarsi un posticino di primo piano che il contrario, ossia che un validissimo artista senza i giusti contatti possa fare lo stesso. Poi c'è l'aspetto del "nome". Una volta che un artista è conosciuto a livello mondiale io sono convinto che possa proporre qualsiasi cosa, perchè a questo punto le sue opere per molti sono solo una forma di investimento. Da questo punto di vista, e senza passare per blasfemo, io associo il mondo dell'arte a quello della moda: quando uno stilista è famoso puචproporre senza pericolo di contraccolpi qualsiasi cagata, anche le pi༠ignobili. Riguardo il farsi uno stie proprio io penso che sia un processo naturale per un artista. Non è una scelta a tavolino, ma la conseguenza automatica delle sue convinzioni, sensibilità e "modo di vedere" le cose. Il problema è semmai quello dei clichè. Il fossilizzarsi su un filone pietrificato ed immutabile per questioni di comodo. Avere un proprio stile è diverso da essere inamovibili. All'interno del proprio stile si puචspaziare ed anche affrontare soggetti completamente diversi e tematiche opposte, ma sempre con un comune "modo di vedere" che caratterizza il tutto. Quindi uno stile persionale non ingabbia ma caratterizza, a mio modo di vedere. E infine, la fotografia di paesaggio, puචessere artisticamente innovativa? Argomento spinoso. Certamente la fotografia di paesaggio puචessere arte, puචessere anche espressione del moderno sentire artistico? Io non penso che la foto paesaggistica sia ferma agli anni '40. Basta affiancare le opere di un Adams e quelle per esempio di un Fatali. Le separa un abisso, il paesaggio "visionario", saturo e avvolgente di Fatali non esisteva 20 anni prima. E poi se guardate un lavoro di Misrach.....ancora un modo diverso di interpretare il paesaggio: desolato, vuoto, senza punti di riferimento. Si tratta comunque di paesaggi "classici" non ho citato espressioni che se ne discostino troppo, non ho tirato in ballo un Burtinsky. Eppure sono cosi diversi uno dall'altro, cosi innovativi seppure ognuno a suo modo. In ognuno si intuisce una ricerca. Personalmente poi, e per l'amor di dio , ognuno ha i suoi gusti, preferisco di gran lunga Misrach e Burtinsky.....penso che la fotografia stile Fatali abbia esaurito la sua spinta e che ormai sappia di riciclato. E poi aspetto la prossima idea geniale, la prossima "visione"......anche e proprio in ambito paesaggistico, perchè non è vero che è un genere fermo e statico. Marco(pamar5)
Inviato: 30/12/2005 10:20
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Il mio sito "I'm not a photographer the moment I pick up the camera. When I pick one up, the hard work's already been done" “To photograph reality is to photograph nothing.” Duane Michals |
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