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2 Utenti anonimi
Ancora sul fotoritocco |
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22/6/2009 11:34 Messaggi:
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Trovo interessante questo articolo: http://www.repubblica.it/spettacoli-e ... cco-52942610/?ref=HREC2-1
Dato che il fotogiornalismo è assai lontano dai miei generi fotografici, mi piacerebbe sentire il parere di qualcuno più addentro questo genere.
Inviato: 19/2/2013 9:42
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Re: Ancora sul fotoritocco |
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Non pratico il reportag. Non dico nulla. Cito solamente una frase dall'articolo da te riportato:
"È la disperata ricerca, da parte dei fotoreporter, di modalità per affermare il proprio ruolo, la propria necessità a un'editoria e a lettori che sembrano non aver più bisogno di loro". Si stilizza per essere accettati da una cultura visuale dominata dalle estetiche della moda e della pubblicità. Effetti speciali per "bucare" l'indifferenza mediatica che stritola la fotografia di reportage." Marco
Inviato: 19/2/2013 11:03
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Il mio sito "I'm not a photographer the moment I pick up the camera. When I pick one up, the hard work's already been done" “To photograph reality is to photograph nothing.” Duane Michals |
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Re: Ancora sul fotoritocco |
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A mio parere i problemi del fotogiornalsimo sono tanti, e cercherò di elencare quelli che mi paiono più rilevanti.
1. Le fotografie costano. L'editoria non è più disposta a pagare le cifre di un tempo. Fino ai primi anni '90 si guadagnava parecchio, con immagini singole e reportage di qualità. Quando un fatto importante accadeva fuori dalla portata cittadina, non si esitava a prendere il primo volo a qualsiasi prezzo, a noleggiare un'auto e a consumare decine di metri di pellicola che, in fin dei conti, rappresentava la voce di spesa minore. Si tendeva al risparmio, certo, perché c'era sempre il rischio d'impresa, ma si investiva molto perché c'era un ritorno. Un solo esempio: L'Espresso, 1 fotocolor nel 1991 lo pagava 210.000 lire, e compravano anche per mettere nel loro archivio o chiedevano l'esclusiva anche senza pubblicare ma per evitare che la concorrenza potesse farlo. Oggi comprano solo ciò che pubblicano e lo pagano circa 80 Euro. 2. L'archivio era vitale per il fotografo. Una sorta di pensione. Oggi le foto di archivio le compro da Getty images o altri per le stesse cifre che si offrono ai mendicanti. Sull'archivio era fondata anche la reputazione del fotografo. 3. La velocità richiesta oggi impedisce spesso di approfondire un tema, di diventare padroni dell'argomento,e ciò pregiudica la qualità del lavoro in partenza. 4. Il livello qualitativo della richiesta si è notevolmente abbassato. Incompetenza, pigrizia o non so per quale ragione perché ho smesso di frequentare la categoria dei photoeditor da quando non mi danno più da vivere, cioé da quando mi sono accorto che un investimento di diecimila euro per una autoproduzione, non rendeva più ventimila ma mille. Insieme al livello qualitativo è crollata anche l'esigenza del pubblico, che mi sembra sempre più votato alla mediocrità. 5. Per risparmiare, gli editori utilizzano spesso foto di stock. E succede sempre più spesso che per illustrare un articolo che tratta di Turkmenistan, si metta una foto del kazakistan, tanto sono vicini, ed altre amenità di questo tipo (Rischio alluvione a Roma, il tevere sta passando il livello di guardia? Ci sono le foto di 4 anni fa, già pagate: i ripubblicati valgono la metà del costo). 6. Qui arriviamo al digitale ed alla post produzione. Una volta esistevano gli stampatori. Ne sceglievi uno con il quale andare d'accordo, che fosse in grado di interpretare le tue foto o te le stampavi da solo. Le possibilità non erano illimitate: se una luce non c'era non potevi inventartela. La scuola fotografica dei nostri anni, non proveniendo più dalle camere oscure ne' dai cronisti, si è legata, ovviamente, a Photoshop. Non sono affatto in sintonia con Roberto Koch quando afferma "È la disperata ricerca, da parte dei fotoreporter, di modalità per affermare il proprio ruolo, la propria necessità a un'editoria e a lettori che sembrano non aver più bisogno di loro", perché quel briciolo di credibilità che ancora resta nelle redazioni non permette di utilizzare quel bellissimo acquerello di Walter Molino (illustratore della domenica del corriere) che è la trasfigurazione della foto che ha vinto il WPP. E' semmai il contrario: la mancanza di cultura fotografica sia del pubblico che del fotografo, che trasforma la fotografia in un prodotto industriale con vocazione artistico-artigianale. Si tratta di elaborazioni che nulla hanno di stilistico, nel senso che l'impronta dell'autore si perde nello stampo di chi fa la post produzione. La desaturazione e l'aumento di contrasto, ad esempio, sono una tecnica adottata da Palmieri, che ha imposto il proprio stile ai fotografi suoi clienti. Si parla, infatti di "palmierizzazione" e se il fotografo non è arcinoto, si nota prima la firma di Palmieri, lasciando in secondo piano l'autore. Il fotoreporter di oggi è massacrato dal mercato, vilipeso dai post-editori, indifferente alle redazioni, utile illustratore (ma non giornalista) per il pubblico. Quindi perché rischiare soldi e salute? Forse tra qualche anno potrò riprendere a fare questo lavoro, seduto al PC, assemblando pezzi di altre immagini comprate in abbonamento ad 1 dollaro al giorno. E' lo stesso sistema dell'informazione che non ha bisogno di fotoreporter. pensate che il 75% delle parole trasmesse nel mondo attraverso i canali di informazioni /linee dedicate alle agenzie, giornali, televisioni, radio, internet sia open source che closed, ovvero sia nei circuiti chiusi che aperti, sono di provenienza USA. I fotoreporter sono oggi come dei siti web indipendenti, solo che per vivere devono rivolgersi ai circuiti mediatici posseduti, alla fine, dai grandi gruppi. Si finisce con l'ulcera e con la depressione, ma non si deve scandalizzare nessuno: anche la campagna elettorale non si fa più sui giornali.
Inviato: 20/2/2013 1:38
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Re: Ancora sul fotoritocco |
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P.S. sapete quanto costava all'utilizzatore una foto di stock nel 1990? A seconda dell'uso si andava dalle 200 alle 600mila lire. Sono lo stesso tipo di immagini che pagano ai fotografi, oggi, tra i 25 e gli 88 cent lordi.
Inviato: 20/2/2013 1:42
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Re: Ancora sul fotoritocco |
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Citazione:
Mi chiedo e ti chiedo: sicuro al 100%, o è la solita idea: "una volta era diverso, si è perso il saper fare e il background culturale". Marco
Inviato: 20/2/2013 9:07
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Re: Ancora sul fotoritocco |
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A me, sta cosa, mette una tristezza infinita !
Inviato: 20/2/2013 9:54
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Re: Ancora sul fotoritocco |
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Citazione:
La prova, naturalmente, è empirica e, forse, opinabile, ma ti invito a fare una semplice riflessione: quanto tempo spende un tuo amico, parente, dipendente ecc... a guardare le foto giornalistiche? Ha un approccio critico e analitico nella lettura delle foto? O forse le stesse scene le ha già viste in Tv e considera quelle immagini solo una ripetizione o un elemento grafico? Quando non c'era la televisione, e quando c'era ma era limitata nel proporre il mondo, le fotografie si ritagliavano dai rotocalchi e si conservavano; qualcuno le appendeva in salotto; anche il più bifolco essere umano le guardava più volte e cercava di trarne informazioni. L'inondazione di immagini alla quale siamo sottoposti oggidì, ha scaricato il potenziale informativo della fotografia. Quando parlo di cultura fotografica non mi riferisco alla cultura alta, non chiedo che il lettore conosca Mario Giacomelli o Eddie Adams, ma semplicemente che riconosca il valore di una foto. E' questo che non c'è più, e i fotografi contemporanei si sono adeguati. Abbiamo assistito ad una progressiva spettacolarizzazione dell'immagine giornalistica, ad esempio con l'uso deformante di focali sempre più corte, e oggi la naturale prosecuzione è l'uso smodato di PS che paradossalmente ci riporta al gusto retrò degli acquarelli in copertina. Perché il fotogiornalismo è gravemente malato? E' un fenomeno sociale inarrestabile, perché l'evoluzione (nel bene e nel male) della società coinvolge ogni aspetto. Oggi c'è più necessità di sogno che di realtà, e la capacità analitica costringe a pensare. Quindi chiudiamo gli occhi e sognamo con le immagini che ci turbano di meno. E un acquerello che una volta esprimeva i drammi con vigore, oggi è una fotografia che rassicura perché palesemente artificiale poiché ritornata all'acquerello che -oggi sappiamo - era dipinto con la fantasia.
Inviato: 20/2/2013 10:15
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Re: Ancora sul fotoritocco |
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Da ultimissimo arrivato, sia nel mondo della fotografia, sia sul forum, provo a dire la mia.
Quello che mi colpisce nell'articolo che propone La Repubblica non è tanto l'annosa diatriba se sia lecito o meno (e fino a che punto) intervenire su una fotografia in post produzione ma che a nessuno sia neanche venuto in mente che il fotografo possa avere avuto una sua personale visione da comunicare, dando così per scontato che il suo ruolo sia relegato a trovarsi nel posto giusto al momento giusto per pigiare il pulsante di scatto.
Inviato: 25/2/2013 12:09
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Re: Ancora sul fotoritocco |
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No, se il fotografo vuole esprimere una sua personale visione liberissimo di farlo, ma dalla notizia si passa alla narrativa. Il fotogiornalismo deve essere notizia per mantenere la sua credibilità.
Inviato: 25/2/2013 18:46
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Re: Ancora sul fotoritocco |
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Non credo di avere le competenze culturali per poter discutere con sufficiente cognizione di causa se sia eticamente accettabile o meno che "il fotogiornalismo deve essere notizia per mantenere la sua credibilità".
Trovo tuttavia che si dia per scontato che il mezzo fotografico possa trasmettere una notizia, un'informazione, la verità, a prescindere dal fotografo. Io non credo che questo sia possibile (come d'altronde sarebbe se della medesima notizia si leggesse un articolo, invece che una fotografia) e non credo neanche che questo vada a discapito del lettore che ne vuole essere informato. Per sostenere questa tesi vorrei citare proprio due fotoreporter, divenuti famosi durante la guerra in Vietnam: Philip Jones Griffiths e Tim Page. Citazione: "Page è famoso per il suo ruolo nella creazione della particolare mitologia del Vietnam, sorpattutto grazie al libro di Michael Herr 'Dispacci' e al personaggio che ha ispirato in 'Apocalypse Now'. Diventò, nelle parole di William Shawcross, un 'groupie di guerra', affascinato dall'insieme di tecnologia, ferocia e incompetenza militare. Molte sue immagini catturano il glamour in stile cowboy-e-indiani dell'equipaggiamento bellico e l'eccitazione dei giovani soldati americani con i loro giocattoli mortali.
Inviato: 27/2/2013 9:41
Modificato da cosmosub su 27/2/2013 10:03:02
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Re: Ancora sul fotoritocco |
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Non è questione di competenza, culturale o tecnica. Il fatto che un'immagine venga pubblicata in uno strumento che deve rispondere a specifiche norme - di legge e deontologiche - e avente come ragione sociale l'informare, pone le fotografie su un piano diverso. Inutile spendere troppe parole per ricordare che la verità fotografica è sempre sogettiva, così come la cronaca scritta rappresenta il punto di osservazione del cronista. Resta il fatto che il fotogiornlista è tenuto a rispettare i criteri di verità e non di verosimiglianza.
Si può discutere (lo si fa da sempre) su quale sia il limite di interpretazione accettabile, ovvero fin dove l'aggettivo sia questione di stile e da quale punto trasformi l'oggettività al punto di inquinare l'informazione veritiera. Non esistono differenze sostanziali nella deontolgia e nell'etica professionale tra giornalista di penna e di immagine.
Inviato: 27/2/2013 11:24
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Re: Ancora sul fotoritocco |
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Molto (tristemente) realistiche le considerazioni di FranzX.
Inviato: 27/2/2013 22:24
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Re: Ancora sul fotoritocco |
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Grazie per le risposte, chiedo scusa per l'accanimento su questo concetto ma per me è stata una rivelazione di questi ultimi mesi che "la verità fotografica è sempre sogettiva".
Inviato: 28/2/2013 8:57
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