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RECENSIONE CARTE MOAB

Recensione stampante HP Designjet 130

A suo tempo ho letto quanto è stato detto qui su questa stampante. Ho letto anche tutto quello che sono riuscito a trovare sul WEB. L’ho acquistata e la uso da qualche mese. Spero che queste mie note possano essere utili a qualcuno.
Preciso che le mia esperienza precedente era tutta sulla linea Epson e che, attualmente, utilizzo tre stampanti Epson Stylus Photo: 1200, 1270 e 1290.
Premesso che la 130 stampa benissimo, con inchiostri stabili nel tempo anche su carte non HP, che consente formati sino alla larghezza di 60 cm e che, da questo punto di vista, è senza competitori nella sua fascia di prezzo (circa 1600 euro con Iva), vediamo quali sono pregi e difetti da me sinora rilevati, prevalentemente rispetto alle Epson.

Pregi:

- invisibilità del retino non solo nelle zone chiare, ma anche nelle transizioni verso le zone più scure, dove i "dot"delle Epson, la cui dimensione cresce con l’intensità (tecnologia denominata Variable Size Droplet) producono dei circoscritti ma fastidiosi fenomeni di posterizzazione;

- assenza completa di "banding" anche con i cieli più blu ed in modalità di stampa bidirezionale;

- capacità di riprodurre un bianco-nero quasi perfetto, a condizione di non fidarsi troppo dei profili di colore prefabbricati e di avere la pazienza di mettere le mani nelle regolazioni fini del driver per ottimizzare la proporzione e la quantità degli inchiostri (vedi più sotto); credo che questo livello qualitativo derivi da una logica di stampa basata in pratica su una quadricromia composta da giallo, nero, ciano e magenta chiari, mentre il ciano ed il magenta pieni interverrebbero solo come rinforzo di saturazione e, nel caso del BN, non entrerebbero per niente; di fatto viene eliminato quasi del tutto il fenomeno di "cross over" tipico delle stampanti a sei colori, come appunto le Epson, senza ricorrere a più inchiostri grigi; questa mia opinione sembra confermata dai livelli di consumo delle varie taniche: benché quelle del ciano e magenta scuri contengano meno della metà delle altre, durano molto di più;

- bella tenuta di registro, grazie a numerosi sensori ottici che controllano il posizionamento del foglio e che consentono anche corretti ripassi di stampa (tecnica cui io ricorro d’abitudine usando carte per arti grafiche, non trattate per ink jet);

-nessuno spreco di inchiostro, di carta e di tempo per quelle maledette pulizie automatiche delle testine, che sono la principale iattura delle Epson;

- perfetta continuità della stampa anche quando una cartuccia finisce a metà lavoro: un "bip" avverte che bisogna effettuare la sostituzione ed il carrello si ferma; si sostituisce l’inchiostro e la macchina riparte immediatamente, senza alcuno "zum zum" di pulizia e senza lasciare sulla carta alcuna traccia dell’interruzione;

- capacità di costruire automaticamente i profili di colore a secondo del tipo di carta, dell’inchiostro, della testina: la stampante produce un motivo con le sfumature dei vari inchiostri su un determinato tipo di carta, poi analizza la stampa, la confronta con un modello custodito in memoria e pratica il settaggio migliore per ripetere il risultato con corrispondenza ed uniformità (anche se, ad esperienza mia, questo intervento per il BN non è esaustivo e necessita di qualche intervento manuale sul driver per ottenere i risultati voluti); nominalmente prevede solo carte HP, ma ho visto che funzione bene anche con tipi analoghi di altre marche;

- produzione di una reportistica veramente completa sullo stato della stampante, che arriva a precisare in termini assoluti e percentuali l’inchiostro residuo in ogni cartuccia (anche qui però, come nelle Epson, in base a calcolo e non a verifica fisica del livello dei serbatoi; non ho ancora controllato quanto inchiostro rimanga inutilizzato in una cartuccia dichiarata vuota; sappiamo che per le Epson si arriva ad una buona percentuale).

Difetti:

- rumorosità da trebbiatrice nella gestione della carta: le prime volte fa temere che si stia schiodando tutto, poi ci si fa l’abitudine;

- difficoltà schizzinosa nell’alimentazione: alcuni fogli entrano regolarmente, altri vengono risputati in mezza alla stanza senza complimenti: i sensori sono molto sensibili ad errori nella geometria o ad imperfezioni della superficie che possono determinare dei riflessi anomali; è poi complicato stampare diversi provini sullo stesso foglio se non si lasciano dei buoni margini (almeno 2 cm.), perché i soliti sensori, se incontrano qualcosa di già stampato vicino all’angolo superiore sinistro, interpretano il fatto coma un errore di allineamento e rifiutano il foglio; l’alimentazione da retro, riservata ai fogli di alto spessore, ha un’aleatorietà da roulette russa e può essere utilizzata solo ricorrendo ad espedienti di tipo cervellotico-artigianale; non è una macchina adatta agli impazienti;

- il driver è brigoso, un po’ instabile e, dove servirebbe precisione, molto generico (la qualità di stampa è qualificata "veloce", "normale", "migliore", "max DPI", quando sarebbe a mio parere necessario gestire indipendentemente il numero di dpi e la modalità, uni o bidirezionale, come sulle Epson che posseggo io - non so se anche sulle più recenti);

- impossibilità di stampare, a meno di non ricorrere ad un costoso RIP, con il solo inchiostro nero in qualità fotografica, funzione questa possibile sulle mie Epson e con la quale ottengo degli ottimi BN perfettamente neutri, benissimo modulati, esenti da metamerismo e con una retinatura praticamente invisibile (a condizione che si usi la risoluzione di 1440 dpi, su carta possibilmente un po’ ruvida, e che le testine siano perfettamente pulite ed allineate);

- istruzioni troppo sommarie, per una macchina così complessa;

- assenza totale di chiavi lettura dei complicati diagnostici prodotti dalla stampante; alcune cose si intuiscono, altre assolutamente no; c’è una possibilità di spedire i report via Internet ad HP, che non ho ancora sperimentato perché sono terrorizzato dai risponditori automatici.
Una considerazione infine sulla densità dei neri, che tutti affermano essere superiore a quella prodotta da Epson. Questo, a mio parere, non è vero, almeno per le stampe su carta matt, trattata o meno; sulle carte semimatt o lucide i neri sono profondissimi, ma lo sono anche quelli delle Epson.

Mi pare, questo punto, di poter dire che i pregi superano di gran lunga i difetti e che, in ogni caso, questa stampante, a parità di formato gestito e di fascia di prezzo, non ha rivali sul mercato.

Questi approfondimenti sono stati invece necessari in seguito ad una serie di domande poste sul forum che chiedevano delucidazoni sulla profondità dei neri, tempi di asciugatura, stabilità delle stampe nel tempo e confronto con la Epson R2400.


Profondità dei neri.

Il confronto che faccio è tra gli inchiostri Epson a coloranti e quelli della HP 130, pure a coloranti (però vedo qualche volta che Hp dice che i suoi inchiostri neri sono pigmentati….mah!). Comunque io uso sulle mie Epson prevalentemente inchiostri MIS, 80% pigmenti e 20% coloranti. Li miscelo io e ricarico le cartucce. La ragione del cocktail sta in una scelta di compromesso tra durata e resa cromatica. Aggiungendo un 20% di colorante si perde qualcosa in durata, ma si guadagna molto in luminosità e purezza delle tinte. Anche in rapporto a questo mix, il nero che mi da la HP non è certamente– alla vista, che poi è quello che conta – più intenso di quello che produce il nero pigmentato MIS denominato "Ebony" o "Double density", "corretto" con il 20% dye di cui ho detto. Questo nel caso di stampa su carte opache. Io uso prevalentemente carta opaca non trattata, di peso sui 250 grammi e con superficie leggermente ruvida. E’ ovvio che su tali supporti i neri vengano piuttosto spenti. Per superare questo inconveniente passo due volte la carta nella stampante, la seconda dopo aver aperto le curve di Photoshop sino ad ottenere un’immagine limitata alle zone più scure. La tenuta di registro è abbastanza aleatoria, ma meno di quello che si può credere e, con un po’ di pratica, si riesce a controllarla, sia con le Epson che con la HP.


Tempi di asciugatura.

Con le carte non trattate o con le Epson "Archival Matte" e simili, l’asciugatura è apparentemente istantanea ed un maneggio anche inaccurato delle stampe appena uscite non crea danni visibili (tenuto naturalmente conto della delicatezza intrinseca, da nerofumo, delle carte fotografiche matt).
Diverso è il discorso per le carte HP lucide o satinate della serie Premium", quelle che vantano una durata di oltre 80 anni. Sono carte che uso assai poco, per questioni di gusto personale, ma ho verificato che bisogna toccarle solo sul verso e lasciarle asciugare per parecchie ore. Anche dopo asciutte sono però molto delicate, temono l’acqua più dei gatti e riescono sempre, misteriosamente, a catturare qualche impronta digitale. Sono definite "swellable" che, per il mio miserabile inglese, dovrebbe significare "gonfiabili"; ed effettivamente quando escono dalla stampante sono gonfiette e ricordano la gelatina bagnata. Danno però dei risultati molto buoni, con colori spettacolari e minimo effetto di "bronzing".


Stabilità delle stampe nel tempo.

Nemmeno io ho trovato alcun cenno sulla durata delle foto stampate su supporti diversi dai due "Premium".
Non sono il dr. Wilhelm e quindi mi posso permettere solo delle sperimentazioni empiriche. Nei mesi estivi, da giugno a settembre, espongo dei provini ad una finestra "Velux"sul tetto, orientata a sud, che si prende tutti i raggi del sole, dal primo all’ultimo. Lì un foglio di carta riceve una luce che è circa mille volte superiore a quella registrabile in un normale interno domestico (ad esempio, se un foglio bianco esposto alla "Velux" mi dà una lettura di 8 e 1/1000, in interno mi dà 8 e 1 secondo). Ho confrontato sulla stessa carta (Fedrigoni Tintoretto) le stampe della HP 130 con quelle di una Epson alimentata con inchiostri MIS 80 + 20. Ho verificato durate equivalenti "before noticeable fading occurs", come dice Wilhelm; durate che, strologando un po’ secondo criteri puramente aritmetico/quantitativi (ore di luce equivalenti) mi potrebbero far pensare ad una durata di parecchie decine di anni. Durate invece notevolmente inferiori ho riscontrato sui provini fatti su carta "Schoeller matt", identica, nell’aspetto e nei risultati, alla "Matte Hevy Weight" di Epson, pur con grammatura superiore e prezzo inferiore. Anche in questo caso siamo tuttavia in una prospettiva di durata rispettabile, molto superiore a quella degli inchiostri originali della venerabile Stylus Photo 1200. (A proposito, ho qui nel mio studio delle foto stampate appunto con la 1200 su carta "Tintoretto" e "Fabriano 5"; sono appese poco sotto la "Velux", protette da un semplice vetro da corniciaio e sono lì da almeno cinque anni, immutate. Altre stampe, ottenute con la 1270 su carta "Premium Glossy Photo Paper" e "Matte Heavy Weight", entrambe di Epson, sono diventate arancione nel giro di qualche mese, ed in modo improvviso: qui però dovrebbe entrare la questione dell’ozono ed è meglio non parlarne, se no non si finisce più).
Nei prossimi mesi riprenderò ed estenderò gli esperimenti.


Epson 2400 o HP 30.

Restando nell’ambito A3+, credo che la Epson sia più versatile (inchiostri pigmentati, diverse sfumature di grigio, silenziosità di funzionamento); per contro la HP 30 presenta il vantaggio della calibrazione automatica e delle cartucce di grande capienza, che consentono di ottenere grossi volumi di stampa senza il fastidio del continuo controllo degli indicatori di consumo. Teniamo anche presente che HP non sputacchia continuamente inchiostro con i cicli di pulizia automatica, però necessita della sostituzione delle testine ogni tre cartucce consumate.

 

Umberto (Umber)  © 2/2006

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