Estetica e fotografia
Parte 1 : Vedere fotograficamente
di Alain Briot
(traduzione a cura di Giorgio
Trucco, impaginazione HTML a cura di Roberto Manderioli )
Quest’articolo é il primo di
una serie di nove articoli dedicati agli aspetti estetici della
fotografia. Lo scopo di questa serie é quello di aiutare il
fotografo a creare delle fotografie che siano esteticamente piacevoli:
in una parola, delle belle fotografie.
Questa serie di articoli si lega alla futura serie di Workshop. I nuovi workshop tenderanno all’impiego pratico, attraverso esercizi sul campo, delle tecniche e dell’approccio discussi in questi articoli. Combinando insieme teoria e pratica possiamo infatti costruire il fondamento da cui partire per rifinire le nostre capacità fotografiche.
Quest’articolo inizia con un’introduzione alla serie, e continua con la prima delle otto aree della serie: come vedere in termini fotografici.
Perché é così difficile spiegare le cose che facciamo ogni giorno intuitivamente, quasi inconsciamente? Credo che la ragione sia semplice: é difficile perché tali cose vengono naturalmente, con facilità, senza che vi dobbiamo pensare intenzionalmente.
Nel mio caso poi, trovo difficile descrivere a parole un sistema che é stato per lo più sviluppato nel corso degli anni attraverso tentativi ed errori. Anni spesi ad imparare che cosa funziona e cosa no, fino a quando, un giorno, guardando una delle mie immagini ho detto: “Questa mi piace veramente, come l’ho ottenuta”? Ma io, e voi, sappiamo benissimo come l’abbiamo ottenuta; l’abbiamo ottenuta con la perseveranza, perché non ci siamo mai arresi, e perché amiamo la fotografia così tanto da aver trovato sia la motivazione sia le risorse finanziarie per continuare, nonostante alcuni risultati deludenti.
Sono una persona con una forte percezione visiva. Ho una lunga esperienza non solo come fotografo, ma anche come artista e ho utilizzato diversi supporti. Ho inziato la mia carriera di fotografo nel 1980, ma ero già un esperto pittore e disegnatore, essendomi avvicinato alle arti visuali sin da bambino, guidato dai miei genitori.
Inoltre mi sforzo di rappresentare ciò che considero bello nel modo più esteticamente piacevole. Pratico l’estetica tutti i giorni, anche se non la chiamo con quel nome, anzi, in realtà non uso nessuna parola per essa. Creo belle immagini di paesaggi naturali, tutto qui.
Di conseguenza ho bisogno di trovare un modo efficace di insegnare e comunicare ciò che faccio. Ma mi preoccupo anche di non rendere l’argomento eccessivamente complicato. Dopotutto sarebbe sin troppo facile trattare l’argomento dal punto di vista teorico, usando lunghe e oscure frasi, creando un testo che potrebbe forse interessare qualche accademico, ma che non fornirebbe alcun aiuto ai fotgrafi desiderosi di creare fotografie migliori.
Quindi come spiegare, in modo semplice e conciso, qualcosa che facciamo inconsciamente? Un modo é quello di spiegare il processo passo a passo, suddividendo l’argomento in sezioni distinte. Questo é l’approccio che seguirò nei miei articoli. Esso ha il vantaggio di essere semplice e conciso e inoltre segue uno sviluppo logico e organizzato.
Per il momento ho previsto nove aree di interesse, tutte relative all’estetica in fotografia, che insieme costituiscono il mio approccio alla fotografia stessa:
L’organizzazione di questa serie segue i passi che io stesso seguo quando creo delle fotografie e che raccomando a tutti di seguire, almeno all’inizio: cercare un soggetto interessante, comporre l’immagine, scegliere il giusto obiettivo, determinare la qualità della luce, decidere quale pellicola utilizzare, calcolare la giusta esposizione, decidere quale immagine é la migliore e infine preparare la fotografia e sviluppare un proprio stile.
Sento fortemente di non poter fotografare qualcosa che non ho previsualizzato fotograficamente. In altre parole, devo innanzitutto vedere qualcosa, intravedere un’opportunità fotografica, vedere la fotografia, prima di poter prepapare la macchina fotografica e comporre l’immagine. Tutto ciò può sembrare ovvio, ma non lo é. Ho conosciuto molti fotografi che scattano a ripetizione sperando di trovare qualche buono scatto nella massa degli originali ripresi. Purtroppo questo approccio porta spesso a risultati deludenti.
Questo non significa che scattare molte foto sia una pratica da condannare. Molti fotografi professionisti infatti, scattano molte fotografie con ottimi risultati. Però essi sanno come vedere fotograficamente e non scattano solo nella speranza che qualcosa di buono venga fuori. Il mio commento non é una critica al numero di foto di per se’. Piuttosto si basa sul perché e il come ognuno di noi fotografa, e sulla premessa che ciò che ognuno vede influenza direttamente ciò che si fotografa.
Creare delle fotografie - é vedere - e da questo punto di vista non é diverso dalle altre arti “bidimensionali” come la pittura e il disegno. Creare delle fotografie coincide con lo studio e la pratica “dell’arte del vedere”.
Nonostante ciò, se decidessi di comporre una fotografia che esprima il mio sentire dovrei ricordare che nessuna delle piacevoli fragranze, nulla della gentilezza del vento, e nulla del mio stato d’animo sarà trasferito nella fotografia. Nulla sarà presente nella stampa finale a meno che, attraverso la personale conoscenza del mezzo fotografico, io riesca a tradurre le sensazioni non visive in un’informazione visiva. Questo é necessario poiché in una fotografia l’informazione visiva é l’unica presente. Ciò che rimane della scena originale é solo ciò che possiamo vedere. Tutto il resto che ci viene comunicato dai nostri sensi - profumi, sensazioni tattili, emozioni, suoni - viene perduto.
E’ possibile tradurre tutto ciò in elementi visuali? Io credo di si e lo scopo di questi articoli é spiegare come. Tuttavia, solo lo studio, la pratica e gli esercizi finalizzati all’affinamento delle vostre capacità di visualizzazione garantiranno il successo. Infatti questo é l’aspetto più difficile della fotografia e quello che in un certo senso distingue i Maestri dagli apprendisti. Come scrisse Ansel Adams: “La fotografia non é solo ciò che vedete, ma anche ciò che sentite”. Questo é certamente un alto insegnamento, difficile, ma non impossibile da mettere in pratica.
Quindi per ottenere una buona fotografia, dobbiamo porci le seguenti domande:
Questo in termini fotografici significa che se non impariamo ad interpretare ciò che vediamo con un solo occhio, chiudendo l’altro oppure osservando la scena attraverso il mirino della fotocamera, possiamo incorrere in grossolani errori. Se per esempio immaginiamo di mettere una persona di fronte ad un albero, ed osserviamo con entrambe gli occhi, l’albero non sembrerà uscire dalla testa della persona in quanto la nostra visione bi-oculare ci permette di valutare la distanza tra la persona e l’albero.
La visione mono-oculare invece rimuove il senso della distanza - di profondità – restituendoci solo altezza e larghezza, piazzando quindi la testa della persona e l’albero sullo stesso piano focale.
Anche una stampa fotografica ha solo 2 dimensioni: larghezza ed altezza (10x15, 20x30, etc). Poiché la profondità, la terza dimensione, non esiste fisicamente, una stampa fotografica non ha profondità fisica. Ma la profindità é parte del nostro mondo quindi ne abbiamo bisogno se vogliamo comprendere una fotografia che ritragga qualcosa di questo mondo. Affinché una fotografia risulti realistica e piacevole ai nostri occhi é necessario simulare la profondità. Se fossimo scultori non ci dovremmo preoccupare di tutto ciò. Avremmo altezza, larghezza e profondità a disposizione nella nostra materia prima. Ma poiché siamo artisti che lavorano con un mezzo bidimensionale, dobbiamo imparare a ricreare la sensazione di profondità.
A-Linee convergenti
Tutti abbiamo visto fotografie di strade che si estendono dal vicino all’infinito fino a sparire in lontananza. Tali immagini creano una forte sensazione di profondità poiché la strada diventa la linea che guida i nostri occhi in lontananza. La stampa fotografica o l’immagine digitale sul monitor, rimane assolutamante piatta, ma ai nostri occhi appare come se stessimo guardando una scena profonda molti chilometri.
B-Relazione tra primopriano e sfondo (grandi e piccoli oggetti)
Sappiamo che ai nostri occhi gli oggetti vicini appaiono più grandi di quelli lontani. Per esempio un pino ci appare gigantesco quando siamo ai suoi piedi ma ad alcuni chilometri di distanza esso apparirà delle dimensioni di un fiammifero. Piazzando un albero (o anche solo una parta del fusto) in primopiano, e piazzando un altro albero sullo sfondo, daremo all’osservatore una chiara percezione della distanza. La comparazione delle dimensioni relative dei due alberi permetterà all’osservatore di determinare con una certa precisione la distanza. Naturalmente anche altri oggetti possono essere usati allo stesso scopo con analoghi risultati. Gli obiettivi grandagolari sono spesso usati con questo scopo. In ogni caso la scelta dell’obbiettivo non é fondamentale, fondamentale é la tecnica. Io ho personalmente impiegato questa tecnica sia con grandangolari che con teleobiettivi.
Queste due immagini furono create nel Marzo 2003 durante la mia ultima visita a questa area stupenda. Per prima creai quella che considero la visione “classica” della Horseshoe Bend, l’immagine orizzonatale a sinistra. In seguito pensai che non avevo mai visto una composizione verticale di questa scena. Capii che vi era l’opportunità di creare un’immagine nuova di un posto ultrafotografato. Pensai alla tecnica della relazione primopiano-sfondo anche se una composizione orizzontale primopiano-sfondo della Horseshoe Bend é assai difficile in quanto quasi tutto lo spazio dell’immagine é occupato dall’ansa del fiume. Così camminai nei dintorni alla ricerca di un elemento da piazzare in primopiano.
Dopo una ricerca di alcuni minuti trovai una roccia con una struttura che ricordava la forma della roccia al centro dell’ansa. Credo che questa composizione offra un maggiore senso di profondità e distanza rispetto alla composizione orizzonatle. Mi da quasi le vertigini.
C-Sovrapposizione
Questa tecnica si basa su una semplice regola: sappiamo che gli oggetti che coprono altri oggetti sono più vicini a noi. Possiamo utilizzare intenzionalmente questa regola per creare fotografie in cui oggetti sovrapposti ad altri danno un forte senso di profondità all’immagine.
D-Foschia
Anche la foschia ci permette di ricreare la sensazione di profondità. Sappiamo intuitivamente e dall’esperienza che la foschia (e la nebbia) diventano via via più fitte con la distanza. Gli oggetti distanti, quando c’é foschia o nebbia, sono quindi più difficili da vedere rispetto a quelli vicini. Possimo considerare alla stregua di foschia anche l’assorbimento atmosferico, in quanto rende gli oggetti più lontani difficili da vedere. Il Gran Canyon é un ottimo esempio; possiamo chiaramente dedurre che il North Rim (per esempio) é assai distante dal South Rim (25 chilometri per l’esattezza).
La foschia può quindi bene aiutarci a ricreare la sensazione di profondità in un mezzo piatto.
E-Combinare più tecniche insieme
Le tecniche discusse sono spesso impiegate in combinazione. Per esempio ho creato immamgini di montagne sovrapposte, in condizioni di foschia. In questo caso l’uso di entrambe le tecniche rinforza l’effetto, creando un’immagine di impatto visivo maggiore dell’analoga immagine in cui si fosse impiegata una sola delle due tecniche.
In maniera analoga, la tecnica della sovrapposizione di oggetti é spesso usata insieme alla tecnica della relazione primopiano-sfondo. Per esemio un albero in primopiano, enfatizzato dall’uso del grandangolo, può essere messo appositamente in posizione da coprire parzialmente una montagna sullo sfondo. Oppure la stessa montagna può essere vista attraverso i rami dell’albero come nella fotografia del Parco Nazionale Zion:
In questo caso ho pensato che la montagna (The Watchman) non fosse sufficiente a creare un’immagine d’impatto. Il cielo era bello poiché non era ne’ completamente blu ne’ completamente coperto, eppure mancava qualcosa. Camminando nei dintorni trovai quest’albero privo di foglie, attraverso il quale potei comporre l’immagine. E’ una buona composizione che non enfatizza troppo ne’ l’albero ne’ la roccia, ma bilancia l’interesse visivo di entrambi.
PS
Se volete sperimentare i contenuti della serie di questi articoli, sul campo o sotto la mia supervisione, considerate la frequentazione di uno dei miei workshops. Cliccate qua per scoprire tutti i vari workshop che offro e quale ha ancora posti disponibili. La registrazione é sia facile che semplice , giusto alla distanza di un click del mouse !
Alain Briot
Peoria, Arizona
August 2003
Questa serie di articoli si lega alla futura serie di Workshop. I nuovi workshop tenderanno all’impiego pratico, attraverso esercizi sul campo, delle tecniche e dell’approccio discussi in questi articoli. Combinando insieme teoria e pratica possiamo infatti costruire il fondamento da cui partire per rifinire le nostre capacità fotografiche.
Quest’articolo inizia con un’introduzione alla serie, e continua con la prima delle otto aree della serie: come vedere in termini fotografici.
1 --- Introduzione
Quando Michael Reichman mi chiese di scrivere un articolo sull’estetica, la mia prima reazione fu quella di chiedere: “Che cosa intendi per estetica?” Discutemmo poi l’idea di ques’articolo durante un viaggio fotografico nell’Escalante Grand Staircase National Monument (Utah), e mentre Michael continuava a spiegarmi che cosa indesse lui con il termine estetica, io continuavo a non sapere come esprimere questo concetto. Ancora oggi, dopo essermi gettato anima e corpo in questo progetto, trovo difficile scrivere di ciò che pure costituisce chiaramente una parte essenziale del mio lavoro.
Perché é così difficile spiegare le cose che facciamo ogni giorno intuitivamente, quasi inconsciamente? Credo che la ragione sia semplice: é difficile perché tali cose vengono naturalmente, con facilità, senza che vi dobbiamo pensare intenzionalmente.
Nel mio caso poi, trovo difficile descrivere a parole un sistema che é stato per lo più sviluppato nel corso degli anni attraverso tentativi ed errori. Anni spesi ad imparare che cosa funziona e cosa no, fino a quando, un giorno, guardando una delle mie immagini ho detto: “Questa mi piace veramente, come l’ho ottenuta”? Ma io, e voi, sappiamo benissimo come l’abbiamo ottenuta; l’abbiamo ottenuta con la perseveranza, perché non ci siamo mai arresi, e perché amiamo la fotografia così tanto da aver trovato sia la motivazione sia le risorse finanziarie per continuare, nonostante alcuni risultati deludenti.
Sono una persona con una forte percezione visiva. Ho una lunga esperienza non solo come fotografo, ma anche come artista e ho utilizzato diversi supporti. Ho inziato la mia carriera di fotografo nel 1980, ma ero già un esperto pittore e disegnatore, essendomi avvicinato alle arti visuali sin da bambino, guidato dai miei genitori.
Inoltre mi sforzo di rappresentare ciò che considero bello nel modo più esteticamente piacevole. Pratico l’estetica tutti i giorni, anche se non la chiamo con quel nome, anzi, in realtà non uso nessuna parola per essa. Creo belle immagini di paesaggi naturali, tutto qui.
Di conseguenza ho bisogno di trovare un modo efficace di insegnare e comunicare ciò che faccio. Ma mi preoccupo anche di non rendere l’argomento eccessivamente complicato. Dopotutto sarebbe sin troppo facile trattare l’argomento dal punto di vista teorico, usando lunghe e oscure frasi, creando un testo che potrebbe forse interessare qualche accademico, ma che non fornirebbe alcun aiuto ai fotgrafi desiderosi di creare fotografie migliori.
Quindi come spiegare, in modo semplice e conciso, qualcosa che facciamo inconsciamente? Un modo é quello di spiegare il processo passo a passo, suddividendo l’argomento in sezioni distinte. Questo é l’approccio che seguirò nei miei articoli. Esso ha il vantaggio di essere semplice e conciso e inoltre segue uno sviluppo logico e organizzato.
Per il momento ho previsto nove aree di interesse, tutte relative all’estetica in fotografia, che insieme costituiscono il mio approccio alla fotografia stessa:
- Come vedere fotograficamente
- Come comporre una fotografia
- Come scegliere il miglior obiettivo per una specifica composizione
- Come trovare la luce migliore per una specifica fotografia
- Come scegliere la miglior pellicola per una specifica immagine
- Come determinare la migliore esposizione per una specifica inquadratura
- Come decidere quali fotografie tenere e quali no
- Come mettere insieme il proprio lavoro
- Come crerae un stile fotografico personale
L’organizzazione di questa serie segue i passi che io stesso seguo quando creo delle fotografie e che raccomando a tutti di seguire, almeno all’inizio: cercare un soggetto interessante, comporre l’immagine, scegliere il giusto obiettivo, determinare la qualità della luce, decidere quale pellicola utilizzare, calcolare la giusta esposizione, decidere quale immagine é la migliore e infine preparare la fotografia e sviluppare un proprio stile.
2 ---Vedere
Intendo qui vedere fotograficamente, o vedere come una macchina fotografica.
Sento fortemente di non poter fotografare qualcosa che non ho previsualizzato fotograficamente. In altre parole, devo innanzitutto vedere qualcosa, intravedere un’opportunità fotografica, vedere la fotografia, prima di poter prepapare la macchina fotografica e comporre l’immagine. Tutto ciò può sembrare ovvio, ma non lo é. Ho conosciuto molti fotografi che scattano a ripetizione sperando di trovare qualche buono scatto nella massa degli originali ripresi. Purtroppo questo approccio porta spesso a risultati deludenti.
Questo non significa che scattare molte foto sia una pratica da condannare. Molti fotografi professionisti infatti, scattano molte fotografie con ottimi risultati. Però essi sanno come vedere fotograficamente e non scattano solo nella speranza che qualcosa di buono venga fuori. Il mio commento non é una critica al numero di foto di per se’. Piuttosto si basa sul perché e il come ognuno di noi fotografa, e sulla premessa che ciò che ognuno vede influenza direttamente ciò che si fotografa.
Creare delle fotografie - é vedere - e da questo punto di vista non é diverso dalle altre arti “bidimensionali” come la pittura e il disegno. Creare delle fotografie coincide con lo studio e la pratica “dell’arte del vedere”.
3 --- Astrarre tutti i sensi tranne quello visivo
Sto camminado in un paesaggio primaverile, circondato dal canto degli uccelli e il profumo di fiori freschi. Un vento leggero accarezza gli alberi e le foglie. Mi sento allo stesso tempo rilassato ed eccitato dal tiepido clima, dalla rinascita della primavera.Nonostante ciò, se decidessi di comporre una fotografia che esprima il mio sentire dovrei ricordare che nessuna delle piacevoli fragranze, nulla della gentilezza del vento, e nulla del mio stato d’animo sarà trasferito nella fotografia. Nulla sarà presente nella stampa finale a meno che, attraverso la personale conoscenza del mezzo fotografico, io riesca a tradurre le sensazioni non visive in un’informazione visiva. Questo é necessario poiché in una fotografia l’informazione visiva é l’unica presente. Ciò che rimane della scena originale é solo ciò che possiamo vedere. Tutto il resto che ci viene comunicato dai nostri sensi - profumi, sensazioni tattili, emozioni, suoni - viene perduto.
E’ possibile tradurre tutto ciò in elementi visuali? Io credo di si e lo scopo di questi articoli é spiegare come. Tuttavia, solo lo studio, la pratica e gli esercizi finalizzati all’affinamento delle vostre capacità di visualizzazione garantiranno il successo. Infatti questo é l’aspetto più difficile della fotografia e quello che in un certo senso distingue i Maestri dagli apprendisti. Come scrisse Ansel Adams: “La fotografia non é solo ciò che vedete, ma anche ciò che sentite”. Questo é certamente un alto insegnamento, difficile, ma non impossibile da mettere in pratica.
4 --- Concentrarsi sugli aspetti visivi della scena
Come é stato appena discusso é facile essere confusi dai nostri sensi e pensare che ciò che ci fa sentire bene, che ha un suono piacevole, che ha un buon profumo apparirà anche bene. Sappiamo che questo non é necessariamente vero. Ciò che cattura la nostra attenzione quando tutti i nostri sensi sono attivi, potrebbe non essere il contenuto visivo della scena.Quindi per ottenere una buona fotografia, dobbiamo porci le seguenti domande:
- C’é qualcosa di visivamente
interessante
nella scena che sto osservando?
- Se si, qual’é il contenuto visivo
principale della scena?
- Una volta deciso di fotografare la scena come posso far si che la mia fotografia riproduca visivamente ciò che sento?
5 --- Imparare a vedere in due dimensioni
La macchina fotografica vede in maniera diversa da noi. La differenza principale é che la macchina fotografica ha un solo obiettivo, un solo occhio, mentre noi ne abbiamo due. Noi abbiamo una visione bi-oculare mentre le macchine fotografiche (ad eccezione di quelle stereoscopiche) hanno una visione mono-oculare.Questo in termini fotografici significa che se non impariamo ad interpretare ciò che vediamo con un solo occhio, chiudendo l’altro oppure osservando la scena attraverso il mirino della fotocamera, possiamo incorrere in grossolani errori. Se per esempio immaginiamo di mettere una persona di fronte ad un albero, ed osserviamo con entrambe gli occhi, l’albero non sembrerà uscire dalla testa della persona in quanto la nostra visione bi-oculare ci permette di valutare la distanza tra la persona e l’albero.
La visione mono-oculare invece rimuove il senso della distanza - di profondità – restituendoci solo altezza e larghezza, piazzando quindi la testa della persona e l’albero sullo stesso piano focale.
Anche una stampa fotografica ha solo 2 dimensioni: larghezza ed altezza (10x15, 20x30, etc). Poiché la profondità, la terza dimensione, non esiste fisicamente, una stampa fotografica non ha profondità fisica. Ma la profindità é parte del nostro mondo quindi ne abbiamo bisogno se vogliamo comprendere una fotografia che ritragga qualcosa di questo mondo. Affinché una fotografia risulti realistica e piacevole ai nostri occhi é necessario simulare la profondità. Se fossimo scultori non ci dovremmo preoccupare di tutto ciò. Avremmo altezza, larghezza e profondità a disposizione nella nostra materia prima. Ma poiché siamo artisti che lavorano con un mezzo bidimensionale, dobbiamo imparare a ricreare la sensazione di profondità.
6 --- Ricreare la profondità, ovvero la terza dimensione, in un mezzo bidimensionale
Come é possibile simulare o ricreare la profondità? Con l’aiuto della prospettiva. E possiamo usare la prospettiva per ricreare la sensazione di profondità usando queste semplici tecniche:A-Linee convergenti
Tutti abbiamo visto fotografie di strade che si estendono dal vicino all’infinito fino a sparire in lontananza. Tali immagini creano una forte sensazione di profondità poiché la strada diventa la linea che guida i nostri occhi in lontananza. La stampa fotografica o l’immagine digitale sul monitor, rimane assolutamante piatta, ma ai nostri occhi appare come se stessimo guardando una scena profonda molti chilometri.
B-Relazione tra primopriano e sfondo (grandi e piccoli oggetti)
Sappiamo che ai nostri occhi gli oggetti vicini appaiono più grandi di quelli lontani. Per esempio un pino ci appare gigantesco quando siamo ai suoi piedi ma ad alcuni chilometri di distanza esso apparirà delle dimensioni di un fiammifero. Piazzando un albero (o anche solo una parta del fusto) in primopiano, e piazzando un altro albero sullo sfondo, daremo all’osservatore una chiara percezione della distanza. La comparazione delle dimensioni relative dei due alberi permetterà all’osservatore di determinare con una certa precisione la distanza. Naturalmente anche altri oggetti possono essere usati allo stesso scopo con analoghi risultati. Gli obiettivi grandagolari sono spesso usati con questo scopo. In ogni caso la scelta dell’obbiettivo non é fondamentale, fondamentale é la tecnica. Io ho personalmente impiegato questa tecnica sia con grandangolari che con teleobiettivi.
Horseshoe Bend,
Glen Canyon NRA, Arizona Linhof Master Technica 4x5 Schneider Super Angulon 75mm Fuji Provia (entrambe le foto) |
Queste due immagini furono create nel Marzo 2003 durante la mia ultima visita a questa area stupenda. Per prima creai quella che considero la visione “classica” della Horseshoe Bend, l’immagine orizzonatale a sinistra. In seguito pensai che non avevo mai visto una composizione verticale di questa scena. Capii che vi era l’opportunità di creare un’immagine nuova di un posto ultrafotografato. Pensai alla tecnica della relazione primopiano-sfondo anche se una composizione orizzontale primopiano-sfondo della Horseshoe Bend é assai difficile in quanto quasi tutto lo spazio dell’immagine é occupato dall’ansa del fiume. Così camminai nei dintorni alla ricerca di un elemento da piazzare in primopiano.
Dopo una ricerca di alcuni minuti trovai una roccia con una struttura che ricordava la forma della roccia al centro dell’ansa. Credo che questa composizione offra un maggiore senso di profondità e distanza rispetto alla composizione orizzonatle. Mi da quasi le vertigini.
C-Sovrapposizione
Questa tecnica si basa su una semplice regola: sappiamo che gli oggetti che coprono altri oggetti sono più vicini a noi. Possiamo utilizzare intenzionalmente questa regola per creare fotografie in cui oggetti sovrapposti ad altri danno un forte senso di profondità all’immagine.
D-Foschia
Anche la foschia ci permette di ricreare la sensazione di profondità. Sappiamo intuitivamente e dall’esperienza che la foschia (e la nebbia) diventano via via più fitte con la distanza. Gli oggetti distanti, quando c’é foschia o nebbia, sono quindi più difficili da vedere rispetto a quelli vicini. Possimo considerare alla stregua di foschia anche l’assorbimento atmosferico, in quanto rende gli oggetti più lontani difficili da vedere. Il Gran Canyon é un ottimo esempio; possiamo chiaramente dedurre che il North Rim (per esempio) é assai distante dal South Rim (25 chilometri per l’esattezza).
La foschia può quindi bene aiutarci a ricreare la sensazione di profondità in un mezzo piatto.
E-Combinare più tecniche insieme
Le tecniche discusse sono spesso impiegate in combinazione. Per esempio ho creato immamgini di montagne sovrapposte, in condizioni di foschia. In questo caso l’uso di entrambe le tecniche rinforza l’effetto, creando un’immagine di impatto visivo maggiore dell’analoga immagine in cui si fosse impiegata una sola delle due tecniche.
In maniera analoga, la tecnica della sovrapposizione di oggetti é spesso usata insieme alla tecnica della relazione primopiano-sfondo. Per esemio un albero in primopiano, enfatizzato dall’uso del grandangolo, può essere messo appositamente in posizione da coprire parzialmente una montagna sullo sfondo. Oppure la stessa montagna può essere vista attraverso i rami dell’albero come nella fotografia del Parco Nazionale Zion:
The
Watchman visto attraverso un pioppo, Zion NP, Utah Linhof Master Technica 4x5 Schneider Super Angulon 75mm Fuji Provia |
In questo caso ho pensato che la montagna (The Watchman) non fosse sufficiente a creare un’immagine d’impatto. Il cielo era bello poiché non era ne’ completamente blu ne’ completamente coperto, eppure mancava qualcosa. Camminando nei dintorni trovai quest’albero privo di foglie, attraverso il quale potei comporre l’immagine. E’ una buona composizione che non enfatizza troppo ne’ l’albero ne’ la roccia, ma bilancia l’interesse visivo di entrambi.
PS
Se volete sperimentare i contenuti della serie di questi articoli, sul campo o sotto la mia supervisione, considerate la frequentazione di uno dei miei workshops. Cliccate qua per scoprire tutti i vari workshop che offro e quale ha ancora posti disponibili. La registrazione é sia facile che semplice , giusto alla distanza di un click del mouse !
Alain Briot
Peoria, Arizona
August 2003
© 2003 Alain
Briot
Beaux Arts Photography
http://www.beautiful-landscape.com
alain@beautiful-landscape.com
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