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Operazioni basilari di fotoritocco in Photoshop

Operazioni basilari di fotoritocco in Photoshop

Parte III

 

Differenze fra occhio umano e pellicola (o sensore)

 

A molti sembrerà un’affermazione banale e scontata ma “l’occhio umano e una macchina fotografica (non importa contenga diapositive, negativi o un sensore digitale) sono diversi e funzionano in modo diverso”.

Ma al di là delle logiche diversità “strutturali” vi è un’ulteriore importantissima caratteristica che differenzia la visione umana dai dispositivi sensibili impiegati in fotografia: la latitudine di posa di un sensore piuttosto che di una pellicola fotografica è inferiore rispetto alle capacità dell’occhio umano. Per dare dei numeri: grossomodo la latitudine di posa di una diapositiva è di circa 5-6 stop e quella di una pellicola negativa colore di circa 6-7 stop. L’occhio umano, come detto, è capace di distinguere intervalli maggiori, sia grazie al variare del diametro della pupilla quando si guardano zone a luminosità diversa, sia perché il cervello filtra e fonde i vari segnali visivi fornendoci un’immagine più accurata ed ottimale possibile.

Ne consegue che quando guardiamo una scena con forti contrasti luminosi e poi la fotografiamo spesso rimaniamo delusi dal risultato fotografato, che ci appare diverso da come l’avevamo visto.

Ciò che capita è che non essendo la fotocamera in grado di “fissare” contrasti luminosi così grandi per i suoi limiti intrinseci, ci obbligherà a scegliere se esporre correttamente per le ombre oppure per le alte luci. Nel primo caso si avranno le parti scure correttamente esposte e dettagliate, e i chiari bruciati e piatti. Viceversa se si espone per le luci, queste saranno rese correttamente ma le zone scure saranno chiuse, ossia nere e prive di dettagli.

Chiariamo con un esempio: in figura 1 è riportata un’immagine con alto contrasto fra luci ed ombre, resa così come siamo portati a “vederla” con i nostri occhi. E’una situazione ideale dove sia i dettagli nelle zone scure che nelle zone chiare sono perfettamente leggibili.

Poiché la pellicola o il sensore non hanno una latitudine di posa così ampia ecco cosa otterremo esponendo per le luci (figura 2) e per le ombre (figura 3).




Fig. 1
Fig. 2
Fig. 3



L’immagine in figura 1 non è però un’utopia, ma è ottenibile con opportuni accorgimenti in postproduzione.

Chi ha esperienza di camera oscura, sa bene che con opportuni sviluppi e mascherature è possibile ottenere esposizioni corrette per luci ed ombre. Queste tecniche richiedono una grandissima esperienza, manualità e spesso numerosi tentativi; bisogna essere dei veri artisti della camera oscura. Un altro accorgimento, questa volta in fase di ripresa prevede l’uso di un filtro graduato, che è comunque valido per soggetti con una demarcazione unica e abbastanza netta fra zone chiare e scure ( per esempio un panorama con cielo chiaro e terreno scuro); per un soggetto come il traliccio dell’esempio c’è poco da fare. Lavorando con Photoshop e con fotografie digitali o digitalizzate si possono sistemare quasi tutti i tipi di soggetto con relativamente poca fatica e in tempi ragionevoli.

 

Per fare ciò con Photoshop esistono diverse tecniche e procedure. Ecco un elenco di alcune di esse che possono risultare migliori in casi diversi, secondo il tempo a disposizione e del livello di accuratezza che si vuole ottenere.

 

Lavorare con due scatti a diversa esposizione

 

Un primo gruppo di procedure, presuppone come punto di partenza l’aver eseguito due scatti identici come inquadratura, ma esposti l’uno per le luci e l’altro per le ombre. Essenziale è che i due scatti siano identici in tutto ad eccezione dell’esposizione, come lo sono i due d’esempio in figura 2 e 3. Per avere successo nel mantenere l’inquadratura identica non si può prescindere dall’uso di un cavalletto saldo come una roccia e sarebbe pure buona cosa l’uso di uno scatto flessibile o comando a distanza per evitare il più possibile di toccare la fotocamera con il rischio di spostarla. Inoltre per avere i due scatti uguali anche come profondità di campo bisogna mantenere lo stesso diaframma e variare l’esposizione solo con i tempi.

Un enorme vantaggio è l’uso di una fotocamera digitale impostata per scattare in formato RAW. In questo caso basta un solo scatto con esposizione per i toni medi. Infatti basterà poi in fase di conversione con un qualsiasi RAW converter eseguire due conversioni distinte, una corretta per le luci e una per le ombre. Avremo in questo modo due file con immagini identiche al 100% e diverse solo per quanto riguarda l’esposizione.

 

Metodo 1

 

Si parte aprendo le due immagini (quella esposta per le luci e quella per le ombre) contemporaneamente in Photoshop. Ora bisogna selezionare l’intera immagine scura con lo strumento “Rectangular marquee” (in rosso in figura 4) oppure rendendola attiva con un click del mouse al suo interno e poi con la combinazione di tasti Ctrl/A.

 

Fig. 4

 Adesso si copia l’immagine con –Edit- > -Copy- (oppure con la combinazione Ctrl/C). Quello che andremo a fare è incollare l’immagine scura copiata su quella chiara come fosse un nuovo livello. Per fare questo selezioniamo l’immagine chiara e con -Edit- > -Paste- (o con la combinazione di tasti Ctrl/V) vi incolliamo sopra l’immagine scura. Quello che vediamo adesso è l’immagine chiara che è diventata scura perché sopra ad essa vi è un nuovo livello costituito dall’immagine scura. Questo è visibile nella paletta dei livelli (figura 5)

 

      Fig. 5


A questo punto dobbiamo rendere non visibile il livello scuro.

Per farlo selezioniamo –Layer- > - Leyer Mask- > -Hide All-. L’immagine torna chiara perché il livello superiore è stato reso non visibile. Selezioniamo lo strumento pennello ed il colore bianco. Scegliamo una dimensione e durezza adatte ed andiamo a dipingere sulla zona sovresposta dell’immagine. Dove passiamo il pennello rendiamo visibile il livello scuro ed in tal modo sostituiamo alle zone dell’immagine chiara sovresposta, le corrispondenti dell’immagine scura. Usando con perizia il pennello su tutte le zone sovresposta dell’immagine chiara arriviamo ad ottenere come risultato finale una fotografia correttamente esposta per luci ed ombre.

Metodo 2

 

Il metodo 1 è incredibilmente versatile. Permette di agire solo dove si vuole, di graduare l’effetto agendo sulla durezza e dimensione del pennello oppure sull’opacità del livello. Di contro, richiede molto tempo e precisione nell’uso del pennello. Se si desidera rendere l’operazione automatica e molto veloce si può ricorrere ad un’altra tecnica che andiamo ora ad analizzare. Non conoscevo personalmente questa metodica, che ho trovato sul sito internet “Luminous Landscape”.

I passaggi iniziali sono comuni al metodo 1 visto prima: ossia si copia l’immagine esposta per le ombre e la si incolla sull’immagine esposta per le luci, fino ad avere la situazione mostrata in figura 5: background layer (immagine scura) + layer 1 (immagine chiara).

 

   Fig.6

Bisogna a questo punto aggiungere una maschera di livello. Si usa l’icona cerchiata in rosso in figura 6, ed appare il simbolo, un rettangolo biaco, nella paletta dei livelli su Layer1 (in verde in figura 6)

Ora si cicca sul livello “background” per selezionarlo. Poi con la combinazione da tastiera CTRL/A seguita da CTRL/C  si copia l’intera immagine. Adesso si tiene premuto il tasto ALT e contemporaneamente si clicca sul rettangolo bianco del livello1 (in cerchiato in verde in figura 6). Dopo questo passaggio l’immagine diviene bianca. Si incolla l’immagine precedentemente copiata premendo CTRL/V. Ora riappare l’immagine ma è in biaco e nero. Ultimo passaggio: si applica il filtro “Gaussian Blur” (-Filter- > -Blur- > -Gaussian Blur-) con raggio 40 pixel. Si clicca su “Background” nella paletta dei livelli e il gioco è fatto. Si ottiene lo stesso risultato che con il metodo 1 ma senza operare manualmente con il pennello.

 

 

Metodo 3

 

Esiste ancora un altro metodo per fare la stessa cosa partendo da scatti di una macchina digitale. Si tratta di una nuova funzione di Photoshop CS2 chiamata “Exposuremerge”. Si trova in –File- > -Automate- > -Merge to HDR-.

Grazie a questo tool è possibile miscelare anche più di due immagini con diversa esposizione. Se per esempio abbiamo 3 o 4 diverse esposizioni della stessa immagine è possibile fonderle per avere un immagine finale con una grandissima gamma dinamica. Exposurmerge è però una funzione particolarmente “assetata” di risorse del nostro PC; se la RAM non è adeguata corriamo il rischio che si pianti tutto e compaia l’avviso di insufficienza di memoria, soprattutto se stiamo miscelando 3 o più scatti

Quando selezioniamo questo tool appare la maschera di figura 7.

 Fig. 7

 

Il bottone “browse” ci permette di andare a cercare e selezionare sul nostro PC le immagini da miscelare. Le immagini devono tassativamente avere le stesse dimensioni,  essere preferibilmente in formato TIFF o psd e non devono avere subito modifiche di luminosità, contrasto o esposizione rispetto al momento dello scatto, perché il programma si basa sui dati EXIF (ossia le informazioni sull’esposizione che gli scatti digitali presentano associati all’immagine). Quindi se usiamo dei file RAW dobbiamo assicurarci che il nostro RAW converter non apporti alcuna modifica durante la conversione.

Selezionati i file si da l’OK ed il gioco è fatto. Non sempre però si ha un successo; il programma è schizzinosetto e se reputa la gamma dinamica degli scatti insufficiente ci avvisa della cosa e non porta a termine il lavoro. Se invece tutto funziona avremo la nostra immagine finale, che sarà sempre e comunque a 16 bit per canale, anche partendo da file a 8 bit, perché il software lavora a 16 bit/canale.

 

 

Lavorare con un unico scatto

 

E se non abbiamo due scatti identici a diversa esposizione dello stesso soggetto? Non disperiamo! Molto si può fare anche in questo caso. Esistono varie tecniche per “salvare” uno scatto con esposizione sbilanciata per le luci o per le ombre. Chiaramente le possibilità di “salvare la situazione” saranno più limitate, ma comunque validissime. Occorre però sottolineare che oltre certi limiti non è possibile andare. Di norma è più facile recuperare zone dell’immagine sottoesposte piuttosto che zone sovraesposte, se la sovraesposizione è tale da aver reso i bianchi “bruciati”. In questo caso si può fare ben poco; infatti se le zone chiare sono completamente bruciate non contengono praticamente più informazione e dettagli. Viceversa è più agevole “tirar fuori” dettagli dalle zone sottoesposte. Anche questo naturalmente entro certi limiti, rendere le ombre “luminose” implica infatti l’insorgere di sporcizia digitale in misura tanto maggiore tanto quanto si forza la cosa.

Infine bisogna sottolineare che queste tecniche lavorando su un’unica immagine sono una sorta di forzatura e di conseguenza più la forzatura è rilevante più l’immagine ne risentirà in termini di degrado qualitativo e in termini di introduzione di artefatti quali posterizzazioni e aloni lungo i bordi che presentano forte contrasto.

 

Un metodo facile e veloce   

 

Questa tecnica serve per recuperare zone sottoesposte e non è nulla di nuovo, nel senso che è la trasposizione in camera chiara di un modo di lavorare che è nato in camera oscura e prevedeva l’uso di una copia identica del negativo originale ma in bianco e nero. Questo negativo B&N veniva usato per ottenere una mascheratura in fase di stampa. Facendo così si otteneva l’effetto di fare ricevere alle zone d’ombra dell’immagine più luce e viceversa meno luce alle zone luminose. Si aveva in poche parole una mascheratura “di contrasto” che aiutava a recuperare dettagli nelle zone d’ombra. Con Photoshop si fa la stessa identica cosa.

Prendiamo come esempio la fotografia di figura 8. Le parti scure dell’immagine sono sottoesposte.

Vediamo cosa fare.

 

  Fig.8

 

Fig.9

Per prima cosa duplichiamo il livello contenente l’immagine. Per farlo basta ciccare con il pulsante destro del mouse nella paletta dei livelli sopra alla riga “sfondo” (background); compare una serie di voci fra le quali “duplica sfondo” (background copy). Ora la situazione è quella mostrata in figura 9, con lo sfondo ed una copia identica dello sfondo. Adesso bisogna selezionare come metodo di unione “Overlay” (sovrapponi), grazie al comando a tendina evidenziato in rosso in figura 9.

A questo punto bisogna selezionare il livello duplicato nella paletta dei livelli (si colora di blù) e poi trasformarlo in scala di grigi con il comando –Image- > -Adjustments- > -Desaturate-.

 

Ora trasformiamo il livello in scala di grigi in un immagine negativa con –Image- > -Adjust- > -Invert-, e regoliamo l’opacità all’80% (circa) con il comando evidenziato in verde in figura 9.

Ultimo passaggio è l’applicazione del filtro “Gaussian Blur” (-Filter- > -Blur- > -Gaussian Blur-) provando diversi valori di raggio (da 70 a 100). Ed il gioco è fatto. Si può dosare il processo e cercare il migliore risultato provando diversi valori di opacità e di filtro Gaussiano. Come al solito immagini diverse richiedono dosaggi diversi.

Ecco in figura 10 come si presenta l’immagine di partenza dopo l’applicazione di questo processo con opacità regolata su 78% e filtro “Gaussian Blur” applicato con valore 93%

  Fig. 10

 

 

Shadow/Highlight

 

Come tutti sanno in Photoshop esiste il comando Brightness/Contrast, ossia “luminosità/Contrasto” per regolare questi aspetti delle immagini. Sfortunatamente se regoliamo la luminosità con questo controllo andremo a modificare la luminosità di tutta l’immagine globalmente (zone chiare, scure ed intermedie); quindi in un caso come quello di figura 8, renderemo sì leggibili le zone in ombra sottoesposte ma schiariremo anche le zone chiare bruciandole. Per ovviare al problema è presente un nuovo set di controlli dell’esposizione chiamato Shadow/Highlight (ombre/Alte luci) capace di regolare separatamente zone a diversa luminosità dell’immagine.

 

Fig.11

Selezionando –Image- > -Adjustments- > -Shadows/Highlights-, si apre la maschera di figura 11. A dire il vero si apre una maschera ridotta se non si seleziona la casella “Show more options” in basso.

La maschera è suddivisa in 3 zone principali:

Shadows, Highlights e Adjustments. Le prime due presentano tre cursori ciascuna chiamati Amount, Tonal Width e Radius.

Chiaramente con Shadows si regolano le zone scure dell’immagine e con Highlights le zone luminose. Vediamo a cosa servono i cursori.

Amount è la quantità di effetto che si applica alle ombre per “aprirle” o viceversa alle luci. Tonal Width rappresenta (in percentuale) il numero di toni (da 0 a 256) che saranno modificati. Se per esempio stiamo lavorando per aprire le ombre e usiamo percentuali basse, verranno interessate solo le zone più scure; con percentuali molto alte tutti i toni di scuro. Stessa cosa per le luci. Il grande vantaggio del Tonal Width è la possibilità di scegliere quali ombre (o luci) regolare, lasciando inalterate le altre, e se necessario, applicare a queste successivamente una quantità di effetto diversa a piacere.

Infine il cursore Radius.  PS analizza automaticamente i pixel che compongono l’immagine e li classifica come luci o ombre, e considera simili quelli adiacenti entro un certo raggio. Con Radium è possibile correggere l’ampiezza di tale raggio. Il raggio ideale è variabile da immagine a immagine; bisogna provare raggi diversi per trovare l’optimum. Tendenzialmente un raggio troppo grande porterà ad un effetto di schiarita delle ombre eccessivo o ad uno scurimento esagerato delle luci.

Infine la terza parte della maschera: Adjustment. Vi sono due barre: Color Correction e Midtone Contrast. E due finestre con valori percentuale (Black e White clip)

Color Correction serve per “correggere” i colori dell’immagine che dopo la regolazione di luci ed ombre potrebbero avere subito delle modifiche (shift).

Mintone Contrast  serve per regolare il contrasto dei toni medi dell’immagine e si usa per ottimizzarla dopo le regolazioni di luci ed ombre.

Infine White e Black Clip: in alcune immagini le zone più scure e/o quelle più chiare sono talmente compromesse che di conseguenza i dettagli sono irrecuperabili. In questi casi può essere preferibile sostituire tali zone con il nero puro e con il bianco. In tal modo si guadagna in contrasto dell’immagine, con effetto che può risultare migliore rispetto all’originale. Introducendo dei valori percentuali nelle caselle di clip si abilita tale funzione. Chiaramente più i valori introdotti sono alti, maggiori saranno le aree interessate dalla modifica.

 

 

Altri strumenti per “piccole correzioni”  

 

Gli strumenti “Scherma” (Dodge) e “Brucia” (Burn)

 

Per “aggiustare” piccole zone di una fotografia ed in particolare modo per schiarire o, viceversa rendere meno sovraesposti alcuni dettagli esistono in Photoshop due utili strumenti chiamati “scherma” e “brucia”. Anche in questo caso non si tratta di nulla di nuovo ma di operazioni comuni anche in camera oscura, dove è sempre stata una pratica comune quella di interporre sagome autocostruite o addirittura le dita e le mani fra la luce dell’ingranditore e la carta per fare ricevere più o meno luce a zone dell’immagine che necessitano di “quantità” di esposizione differenti da altre. Con gli strumenti di PS prima citati si ottiene lo stesso effetto finale.

 

I due strumenti si trovano nella paletta strumenti, come mostrato in figura 12.

Lo strumento brucia (Burn) si usa per rendere più scure le zone dove viene applicato, mentre “scherma” (dodge) rende più chiaro il punto dove viene applicato.

 

Fig.13

 

Si usano in maniera identica al pennello di PS, con il vantaggio di poterli “configurare” a piacimento e secondo necessità grazie alle opzioni presenti nella barra riportata in figura 13.

 

Fig.12

Si possono scegliere la dimensione del pennello e la sua durezza; inoltre si possono scegliere la “forza” dell’effetto (con la regolazione “Exposure) e l’intervallo di azione, ossia se l’azione sarà sui toni medi, le luci o le ombre (con la regolazione “Range”).

Vediamo un esempio pratico d’uso servendoci dell’immagine di figura 14.

Fig.14

 

Le rocce in primo piano sono colpite dal sole e spiccano molto chiare in mezzo al paesaggio.

Se voglio renderle meno luminose mi posso servire dello strumento “brucia”. Regolo l’intervallo di azione su “highlights”, ossia sulle luci, in modo tale che l’effetto scurente interesserà solo le zone luminose della zona d’applicazione; poi porto “exposure” al 30% in modo che l’effetto non sia troppo pronunciato ed infine scelgo la dimensione del pennello adatta. Ora passo il pennello “brucia” sugli scogli ed ottengo l’effetto mostrato in figura 15.

Fig.15

 

L’uso dello strumento “Scherma” è identico e presenta le stesse possibilità di regolazione, ma chiaramente si ottiene l’effetto opposto, ossia lo “schiarimento”

 

Le curve

 

Infine non bisogna dimenticare che moltissimi interventi sulle immagini atti a “recuperare” zone sotto o sovraesposte o a regolare particolari nelle luci o nelle ombre, possono essere eseguiti con successo servendosi di uno degli strumenti più versatili e potenti di PS: le curve. (per il cui uso rimando alla prima parte di questo minicorso di fotoritocco con PS). Sebbene il loro uso richieda un poco di pratica questo strumento si rivela molto molto utile e spesso, da solo, consente di risolvere alcune delle situazioni più comuni.

 

Considerazioni finali

 

Le tecniche presentate in questo articolo consentono di recuperare o ottimizzare una grande varietà di scatti afflitti da problemi di esposizione o piccole pecche quali luminosità o scurezza eccessive di alcune zone. Importante è però comprendere che, se si esclude la tecnica della combinazione di due scatti a diversa esposizione,  lavorando invece su un’unica immagine al di là di alcuni limiti non è possibile andare. Se la fotografia è irrimediabilmente sotto o sovraesposta c’è poco da fare. Zone completamente nere o bianche non contengono più alcuna informazione e dettagli; non si può creare o “tirare fuori” quello che non c’è. Inoltre come sempre nel fotoritocco se una tecnica è spinta troppo in là o sovraapplicata produce più danni che benefici: il degrado che subisce l’immagine la rovinerebbe irrimediabilmente. Fenomeni come posterizzazione, solarizzazione, comparsa di aloni, rumore digitale e risultati irreali sono tutti dietro l’angolo quando si esagera………..quindi un ultimo consiglio: molto meglio esporre correttamente in fase di scatto che fotografare a casaccio con l’utopica idea di sistemare poi tutto con il fotoritocco.

 

Giugno 2006

Marco Pastori  (pamar5)

 

 

 

 

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