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Effeunoequattro

Obiettivi manuali su fotocamere digitali


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Parte quinta: introduzione agli obiettivi Zeiss Planar
Storia dello schema "doppio Gauss"


Dopo gli articoli dedicati ai grandangolari per reflex Zeiss Distagon, rivolgiamo la nostra attenzione a una famiglia di obiettivi tra le più celebri: i Carl Zeiss Planar.

Per una introduzione generale all'uso di vecchi (e meno vecchi) obiettivi manuali su fotocamere digitali, consigliamo di leggere il primo articolo della serie:

Parte prima: Introduzione

L'origine del Planar


PREMESSA: gli schemi ottici utilizzati nell'articolo sono presentati a scopo illustrativo e didattico; non sono perfettamente uguali agli originali.


Iniziamo da... lontano.

Era infatti il lontano 1817 quando il grande matematico Carl Friedrich Gauss ideò un obiettivo per telescopi formato da due lenti "a menisco":

Obiettivo astronomico di Gauss
L'obiettivo astronomico ideato da Gauss nel 1817



Si trattava di un obiettivo di lunga focale, con il vantaggio principale di avere l'aberrazione sferica indipendente dalla lunghezza d'onda.
In altre parole, l'aberrazione sferica non era eliminata, ma almeno non dipendeva dal colore, cosa importante in astronomia e in particolare per l'astrometria.
Gauss aveva ottenuto questo risultato accoppiando un menisco convergente ad uno divergente.

L'obiettivo non ebbe grande successo, probabilmente proprio per le difficoltà nella realizzazione dei grandi menischi; tuttavia nel 1888 un costruttore inglese provò a montare due obiettivi di Gauss simmetricamente, per uso fotografico: nasceva il celeberrimo schema "doppio Gauss"

Lo schema doppio Gauss
Schema doppio Gauss (1888)



I vantaggi di uno schema simmetrico erano già noti da una cinquantina d'anni: consistono nella compensazione automatica di alcune aberrazioni ottiche trasversali, il che facilita il lavoro di progettazione.
Lo schema appena visto, però, soffriva di aberrazione sferica e di astigmatismo in alcune zone del campo inquadrato; non ebbe quindi particolare successo, pur essendo alla base di alcuni obiettivi fotografici di fine Ottocento.

In quegli anni, il progettista della Zeiss Paul Rudolph cercava di migliorare il suo Anastigmat f/4.5; avendo bene in mente i vantaggi della simmetria, prese in considerazione lo schema doppio Gauss.

Volendo ottenere un obiettivo luminoso (almeno quando l'Anastigmat f/4.5), doveva ridurre le aberrazioni dello schema originale; decise quindi di ridurre lo spazio tra i menischi esterni (convergenti) e quelli subito successivi (divergenti), e di aumentare lo spessore dei menischi divergenti.
Lo schema divenne, quindi:

Schema doppio Gauss modificato da Rudolph
Schema doppio Gauss modificato da Paul Rudolph



L'idea fu un successo: astigmatismo e aberrazione sferica risultarono grandemente ridotti.
Tuttavia, quando si trovò a dover ridurre l'aberrazione cromatica, Rudolph dovette scontrarsi con l'assenza di vetri adatti. Per ottenere lo scopo, gli elementi divergenti, costruiti con vetro di tipo "flint", necessitavano infatti di una dispersione molto alta, indisponibile tra i vetri dell'epoca.

Quando un progettista ottico ha esaurito i parametri a disposizione, in genere aggiunge una superficie, perché ogni superficie permette di aggiungere un nuovo grado di libertà al sistema.

Nel caso specifico, Rudolph suddivise gli spessi menischi divergenti tramite una superficie "interna": in pratica sostituì quegli elementi con "doppietti cementati". Scegliendo il raggio di curvatura della superficie poté compensare l'aberrazione cromatica, ottenendo lo schema finale dello Zeiss Planar, caratterizzato dalla ragguardevole apertura f/4.5, brevettato nel 1896:

Lo Zeiss Planar f/4.5 del 1896
Schema dello Zeiss Planar, brevettato da Paul Rudolph nel 1896



Nonostante l'ottima correzione delle aberrazioni, lo schema Planar originale non trovò grande applicazione negli obiettivi fotografici di quegli anni.

Per capire perché, bisogna calarsi nella realtà di fine Ottocento.
Gli obiettivi fotografici erano relativamente semplici e leggeri, con poche superfici aria-vetro. Erano molto diffusi gli schemi modulari: smontando un gruppo ottico si ottenevano focali diverse (a spese della qualità di immagine); si privilegiavano quindi praticità, economia, versatilità.
Il Planar, con i suoi grossi e pesanti elementi in vetro, le numerose superfici aria-vetro a peggiorare contrasto e luminosità effettiva (non c'erano trattamenti antiriflessi) e la sua costruzione monolitica, non era così allettante sul piano commerciale per usi fotografici generali.
Inoltre, lo schema perfettamente simmetrico, se da un lato compensava varie aberrazioni e garantiva quell'ottima planeità di campo che gli valeva il nome, dall'altro introduceva dei vincoli: la migliore resa ottica si otteneva con soggetti posti ad una distanza pari alla lunghezza focale. In altre parole, il Planar originale era un eccellente obiettivo da riproduzione (e in generale era venduto come tale), ma non un'ottica ideale per i paesaggi, perché con i soggetti molto lontani soffriva di una coma abbastanza pronunciata.

Sei anni dopo, nel 1902, lo stesso Paul Rudolph progettò lo Zeiss Tessar: fu questo obiettivo, più compatto, economico e leggero, ad avere ampio successo come obiettivo fotografico a tutto tondo.

Negli anni Venti e Trenta, l'interesse verso la fotografia "istantanea", con pose brevi, spinse a cercare luminosità elevate. Si riaccese quindi l'interesse verso gli obiettivi ben corretti sulle aberrazioni trasverse e si diffusero varianti leggermente asimmetriche del Planar, molto luminose; il 1925 vede la nascita dello Schneider Xenon 50/2, nel 1927 nasce lo Zeiss Biotar di Willy Merté, nel 1933 il Leitz Summar di Max Bereck.

Il primo obiettivo di questa serie, però, fu il Lee Opic della Taylor-Hobson, progettato nel 1920; con un angolo di campo di circa 46 gradi, possiamo considerarlo il progenitore dei moderni obiettivi "normali" luminosi:

Lee Opic f/2 del 1920
Taylor-Hobson f/2 Anastigmat (Opic), brevettato da H.W. Lee nel 1920



Come si vede, lo schema si è allontanato abbastanza dall'originale Planar, i cui tratti distintivi erano proprio la simmetria e le superfici cementate curve, oltre agli spessi menischi interni.
D'altra parte, la ricerca nel campo dei vetri industriali metteva ora a disposizione dei progettisti lenti con indici di rifrazione più alti, il che consentiva maggiore libertà nella compensazione delle aberrazioni.

In effetti, la stessa Zeiss per il suo f/2 del 1927 aveva scelto il nome Biotar, e non Planar.

Tornò ad usare il nome Planar a causa delle vicende postbelliche; che, potremmo dire in modo grossolano, "divisero" l'originale Zeiss (che aveva sede nella città di Jena) in una divisione "est" (che rimase nella città di origine e assunse la denominazione Zeiss Jena) e una "ovest", che prese sede ad Oberkochen.
Una lunga diatriba legale su diritti e marchi spinse la Zeiss "ovest", poi divenuta sede della Carl Zeiss Foundation e unica titolare del marchio Carl Zeiss, a lasciare il marchio Biotar (e poi Biometar) alla società di Jena e riutilizzare il nome commerciale Planar per la nuova famiglia di obiettivi. Si trattò quindi di una decisione politica e strategica, non di una scelta tecnica, vista appunto la distanza tra i nuovi schemi e l'originale brevetto Planar.

Ma torniamo agli aspetti tecnici: se l'introduzione di nuovi vetri e l'abbandono della stretta simmetria avevano reso lo schema doppio Gauss "più fotografico", fu un'altra invenzione a farlo trionfare.
Nel 1935, il fisico ucraino Olexander (o Alexander, all'occidentale) Smakula, mentre lavorava alla Zeiss, ancora in Jena, inventò e brevettò il rivestimento antiriflesso, basato sul principio dell'interferenza.
A questo punto anche l'ultimo problema, l'alto numero di superfici aria-vetro, era risolto; portando questa famiglia di obiettivi al successo mondiale.

Ancora oggi buona parte degli obiettivi "normali" luminosi, in particolar modo quelli per fotocamere reflex, hanno uno schema ispirato al doppio Gauss, con richiami dell'originale Planar.
Come esempio, prendiamo il moderno obiettivo autofocus Canon EF 50/1.8 II:

Canon 50/1.8
Il Canon EF 50/1.8 II per reflex EOS



Le similitudini con il Lee Optic del 1920, a livello di schema di base, sono piuttosto evidenti!

Ancora un esempio di moderno doppio Gauss autofocus: lo Zeiss Planar 50/1.4 per reflex Sony

Zeiss Planar 50/1.4 per Sony Alpha
Zeiss Planar 50/1.4 ZA



Peraltro, lo schema qui descritto non è stato utilizzato solo per obiettivi "normali"; rimanendo in casa Zeiss, il grandangolare Topogon del 1933 era basato su uno schema doppio Gauss:

Zeiss Topogon 25/4
Zeiss Topogon 25/4, grandangolare per fotografia aerea



Concludiamo questo excursus, che ha abbracciato 200 anni di obiettivi fotografici, dandovi appuntamento alla prossima puntata: con l'analisi e la prova strumentale dello Zeiss Planar T* 50/1.7 per Contax/Yashica.

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Fernando Carello - 20/12/2013

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