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2 Utenti anonimi
Re: Prima verifica dei miei studi sulla food photography |
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27/4/2006 13:48 Da Roma
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Tutto profondamente vero, soprattutto riguardo al decadimento della qualità un po' in tutti campi, fotografici e non. Resto un fotogiornalista che ha avuto le sue alte soddisfazioni e che ha goduto di un alto livello di considerazione, finché il mercato è durato.
Non riuscirei ad arrivare ai livelli che avete citato nemmeno se avesi vent'anni e stessi appena cominciando la professione nel campo del food. Sto imparando pian piano e, sebbene io stesso non sia soddisfatto dei risultati, noto che un primo apprezzamento si stia sviluppando intorno a me. Ciò di cui sono fermamente convinto è di essere già sopra la media nazionale della qualità in food photography, grazie anche anche alle vostre stroncature, che mi costringono a ripensare mille volte ad ogni errore. Ciò non significa, ahimé, che io sia bravo, ma che la maggior parte degli altri siano molto scarsi. Non è presunzione, è semplice osservazione. Persino il sito della "Cucina Italiana" pubblica anche cose tremende. se poi andate a guardare la confezioni degli alimenti non blasonati... Proprio pochi minuti fa ero in un supermercato di una importante catena, e la mia collega mi consolava facendomi notare come tutte le immagini nelle confezioni con il marchio del supermarket fossero state realizzate indubitabilmente dentro ad un cubo softbox, rendendo uguale il pane al formaggio. Tutto ciò è profondamente avvilente, soprattutto perché accade nel paese che dovrebbe essere guida nel mondo per il capitolo "cibo e alimentazione". Ho trovato anche molte foto con la posizione dei coltelli o delle posate assolutamente sbagliata. Per concludere si, io sono un po' cialtrone e spezzetto la pasta. Infatti le mie foto migliori sono quelle dove ho come food stylist lo chef, che spesso è stellato. Prima o poi troverò anche un prop stylist, e allora... La mia speranza è sempre quella di trovare un cliente che, come un tempo, mi mandi a fare il reporter. A quel punto tornerò anche con le foto del fetteh chamiyyeh (piatto nazionale siriano) fatte a regola d'arte. Prima non lo avrei saputo fare.
Inviato: 10/11/2015 17:19
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Re: Prima verifica dei miei studi sulla food photography |
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E' da un pezzo che non intervengo sul forum (fondamentalmente perché non ho molto da dire), ma mi permetto di fare capolino per condividere la mia piccolissima esperienza riguardo l'argomento del topic.
Non sono un fotografo di food, ma tempo fa, complice una mia conoscente stylist, ho potuto osservarne uno professionista all'opera ed ho constatato, con un certo stupore, che i piatti fotografati non sono praticamente mai commestibili. Vuoi perché le pietanze (anche quelle che devono sembrare cotte) sono fotografate crude; vuoi perché, il più delle volte, il piatto è "ricreato" con materiali non commestibili, che in fotografia appaiono però più veri del cibo vero. Quindi il ghiaccio è di resina, la condensa sulle bottiglie di birra ghiacciata è in realtà paraffina, la crema è vinavil, il gelato è margarina, il pollo arrosto è in realtà crudo e "truccato" da cotto con terre colorate, etc. Questo per dire che il ruolo della (o dello) stylist, nella fotografia food, è di fondamentale importanza. Forse è più cruciale e decisivo per la resa della foto di quello dello stesso fotografo! Non ha quindi alcuna rilevanza il fatto che il cuoco sia stellato o meno, poiché le competenze necessarie a ottenere in foto l'effetto voluto sono di tipo fotografico e "scenografico". Competono cioè alla stylist e al fotografo, non al cuoco, per quanto ciò possa sembrare strano. Un cuoco che fa fotografare i suoi piatti dopo averli realmente cucinati, semplicemente o non ha idea di come funzioni la vera fotografia di food o opta consapevolmente per un compromesso all'insegna del risparmio di tempo e denaro. Del resto questa disciplina, se fatta come dio comanda, richiede anche ore e ore di lavoro per una singola immagine: per la pianificazione di ogni elemento dell'inquadratura, per l'allestimento dello sfondo, per gli scatti multipli che andranno poi ricomposti in un'unica immagine, per la necessaria cura con cui vanno modulati e governati ombre, luci, riflessi. Ore durante le quali una pietanza reale finirebbe per afflosciarsi, ammosciarsi, "spegnersi" dal punto di vista fotografico. E questo, si badi bene, vale anche - e soprattutto! - per le foto apparentemente rubate, shabby chic. Poi, certo, ci sono le foto di reportage gastronomico, che ritraggono i cuochi in azione e i loro piatti nel mentre che vengono cucinati, ma si tratta di altra cosa. Ho molto rispetto per l'indiscutibile esperienza e competenza di FranzX, ma - lo dico con tutta la simpatia possibile - sulle foto che ha postato condivido le osservazioni espresse con brutale franchezza da Orso: si vede che è un campo nel quale ancora deve iniziare a orientarsi. Ciò non toglie che possa imparare a padroneggiarlo, anche in meno tempo di quel che teme. Però consolarsi guardando le pessime foto altrui non ha molto senso. Io sono (seppur non esclusivamente) fotografo d'architettura e vedo continuamente, anche pubblicate su riviste o libri, foto d'architettura dilettantesche, sghembe, con linee convergenti, dominanti a caxxo, ombre bloccate e alteluci bruciate oltre ogni decenza. In poche parole foto che, al di là del pensiero che le sostiene e motiva (che può esserci o meno, non ha importanza) sono palesemente realizzate, probabilmente con strumenti inadeguati, da persone che ignorano l'ABC della fotografia d'architettura (perché sì: questo ABC esiste, non tutto è opinabile). Ecco, per me non significa che il livello della fotografia d'architettura si è abbassato. Significa, molto semplicemente, che quelli non sono fotografi di architettura.
Inviato: 10/11/2015 19:52
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Re: Prima verifica dei miei studi sulla food photography |
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Un'osservazione lampo sulla bontà del cibo da fotografare. Io seguo quasi con atteggiamento lussurioso Andrew Scrivani, food photographer tra i più importanti negli USA. Ho imparato due cose: la prima è che la legge USA (ma anche quella italiana) proibisce di utilizzare elementi diversi da quelli realmente venduti; la seconda è che tutto ciò che si fotografa deve essere poi mangiato. Sul discorso cotture Scrivani si spiega molto bene parlando di un tacchino: "lo cuoci un po', lo fotografi, lo ricuoci, lo mangi". La pasta è esclusa, of course.
Si usano sostanze chimiche, schiuma da barba e plastica quasi esclusivamente nel cinema. La scorsa settimana ero con uno chef: quattro portate in sei ore. Abile come food stylist ed esigente come chef, per quanto riguardava le foto (peraltro amico d'infanzia di un fotografo di food che fa foto splendide). L'unico neo è che a causa dei tempi stretti che avevamo non sono ruscito a rimandare indietro un polpo al quale si erano staccati dei pezzetti: se lo terrà pubblicato così.
Inviato: 10/11/2015 20:42
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Re: Prima verifica dei miei studi sulla food photography |
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Il rosso è il colore dominante del ristorante e, sebbene non mi piacesse troppo, ho dovuto usarlo. Ecco il polpo in una delle inquadrature, con la sua imperfezione:
Inviato: 10/11/2015 20:45
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Tonno
Inviato: 10/11/2015 20:48
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P.S. In quella definitiva ho cancellato il germoglio di soia caduto.
Inviato: 10/11/2015 20:51
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Re: Prima verifica dei miei studi sulla food photography |
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17/12/2009 12:48 Messaggi:
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Probabilmente (non conosco la normativa a riguardo) non si possono usare sostanze diverse dagli ingredienti ufficiali nelle foto che vanno sulle confezioni dei prodotti alimentari. Mi verrebbe da dubitarne, ma può essere.
In ogni caso l'utilizzo di prodotti plastici/chimici, colle e schifezze assortite è la norma nella fotografia di food, non solo nel cinema (=pubblicità).
Inviato: 10/11/2015 22:10
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Re: Prima verifica dei miei studi sulla food photography |
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Vorrei proprio sapere chi può dimostrare che la schiuma della birra, invece che tale, è stata ottenuta in fotografia usando la schiuma da barba, più compatta, candida e persistente (altro trucco che so essere di uso comune).
E che la condensa è appunto glicerina... E che dire allora del sampuru giapponese (la prima volta l'ho visto nel film documentario di Wim Wenders "Tokyo Ga") ? QUI QUI e QUI
Inviato: 10/11/2015 23:46
Modificato da luciano su 11/11/2015 0:03:17
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Re: Prima verifica dei miei studi sulla food photography |
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27/4/2006 13:48 Da Roma
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Ti garantisco che le fotografie americane son quasi tutte fatte con cibo vero che viene mangiato dopo.
Comunque anche altri italiani di "peso" nel settore, usano solo alimenti veri. Anche il gelato. La schiuma della birra - nelle foto in cui la birra non è il soggetto da vendere - viene aumentata con un po' di bicarbonato che la rende anche più persistente. ma non l'ho mai fatta, l'ho solo imparato in un tutorial.
Inviato: 11/11/2015 0:31
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Re: Prima verifica dei miei studi sulla food photography |
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22/6/2009 11:34 Messaggi:
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Citazione:
Cioè, mi stai dicendo che, oggi, uno chef abile come food stylist ed esigente per quanto riguarda le foto (chissà se quel suo “amico d’infanzia fotografo di food che fa foto splendide” era anche suo cugggino…) accetta di mandare in stampa una simile foto? Con la sua creazione maldestramente spelacchiata, con un enorme bicchiere rosso messo lì a disturbare solo perché fa pendant col colore del ristorante, con uno sfondo accecante che tutto ammazza e provoca quel riflesso raccapricciante sul piatto che ti fa chiudere gli occhi? Inorridisco. E’ la complicità del cliente nel degrado di qualità giustamente osservato da Oscar e Giovanni. La food photography è una branca, anche piuttosto impegnativa, dello Still Life. E si fa, e si è sempre fatta, come descritto da Giovanni e Luciano. Poi, quegli “strumenti”, oggi in piccola parte soppiantati da PS, devono essere usati ovviamente con parsimonia. Ed è altrettanto ovvio che neanche l’ultimo dei pivelli verrà a raccontarti che ha fotografato della schiuma da barba. Il Fotogiornalismo è forse la branca della fotografia più distante dallo Still Life, molto più distante di Psichiatria e Ortopedia in campo medico. Per certi versi siamo proprio agli antipodi. Per passare dall’uno all’altro mestiere è necessario azzerare tutto, in primis il modo di pensare la foto. Tra la prima foto del post (formaggio) e l’ultima (tonno), non riesco a percepire il minimo miglioramento. In compenso vedo che crescono in te molte certezze, da fantomatiche leggi che proibiscono l’uso di certe sostanze in fotografia ma non nel cinema, a quella che le fotografie americane son quasi tutte fatte con cibo vero che viene mangiato dopo, che anche fotografi italiani di peso alla fine si ingurgitano il set, fino alla ferma convinzione di essere già sopra la media nazionale della qualità in food photography. Temo che ti saranno poco utili per crescere. Ancora una volta perdonami la franchezza. Sono entrato in questa discussione attratto dal titolo. Ne esco volentieri in quanto non penso di avere altro da dare. Siamo veramente troppo distanti dal mio concetto di Food Photography. Ti faccio i miei migliori auguri per il lavoro.
Inviato: 11/11/2015 10:28
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Re: Prima verifica dei miei studi sulla food photography |
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Inviato: 11/11/2015 11:18
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Accetto il crucifige e proseguo il cammino, lungo, ripido e irto di ostacoli.
Solo una risposta per Luciano: Ho controllato con pignoleria, e la schiuma della birra non si può fare con quella da barba perché quest'ultima è idrosolubile e si scioglie rapidamente in qualsiasi soluzione acquos lasciando tracce evidenti nel liquido che la ospita. A presto e graziea tutti.
Inviato: 15/11/2015 23:43
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Non so... io non ho mai fotografato birra. Avevo sentito o letto che si faceva così da qualche parte.
Tra gli ausili da studio Condor Foto c'è comunque una schiuma artificiale per birra: non sarà la schiuma da barba, ma immagino qualcosa di simile. In effetti la schiuma si può ottenere anche "naturalmente" (più o meno), come spiegato in questo tutorial e per quanto riguarda creazione dell'effetto condensa ed illuminazione possono essere utili anche questo e questo
Inviato: 17/11/2015 12:12
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Hanno messo on line oggi questo articolo intervista sullo food stylist...
http://food24.ilsole24ore.com/2015/11 ... cio-il-make-up-ai-piatti/
Inviato: 18/11/2015 16:10
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Grazie di tutte le info. Parto lunedì per una tre giorni con chef stellati: figurati se mai permetterebbero di usare taroccamenti sulle loro creazioni!
Inviato: 21/11/2015 17:47
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Forse stiamo usando lo stesso termine per cose un po' diverse.
Da quanto mi pare di capire, nel tuo giro di accompagnamento degli chef stellati, farai comunque un reportage: gli chef all' opera, il contesto delle cucine e degli ambienti in cui presenteranno le loro creazioni, magari ritratti degli chef, degli assistenti e del pubblico. E oltre a questo, ti chiedono di fare degli scatti ai piatti. Scatti curati per quanto possibile, ma comuque piuttosto estemporanei e destinati ,immagino, assieme alle foto precedenti ad illustrare l' evento. In questo contesto e con queste esigenze e richieste, le foto che realizzi possono benissimo incontrare il generale apprezzamento. Ma se invece si trattasse di realizzare l' immagine pubblicitaria per la cartonistica di un nuovo prodotto gastronomico, che so, una nuova linea di sughi. Oppure se si dovessero realizzare le immagini campione per un libro o una rivista di cucina di alto livello, o anche la brochure pubblicitaria per un ristorante di lusso, penso che probabilmente le esigenze sarebbero diverse. E dovrebbero necessariamente essere diverse anche le procedure, le metodologie, le preparazione dei set, l' uso di trucchi vari, ecc. Credo che questa, cioè lo still life applicato ai cibi, sia la vera food photography. Senza per questo voler minimizzare il significato di quelle altre immagini da te realizzate nell' ambito del reportage.
Inviato: 21/11/2015 19:32
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Si, non faccio food pubblicitario, anche se aspiro a fornire le immagini per le riviste, o semplicemente per i menù. E vedendo quello che gira, come già ho sottolineato, potrei andare con un telefono e due pezzi di polistorolo ed ottenere risultati migliori.
Ho visto il video che hai linkato e, a 5'50", la tipa dice chiaramente a proposito del make up del cibo "io uso solo cose commestibili". Nel mio caso non potrei fare altrimenti, anzi, non mi è permesso nessun intervento dagli autori, e non ho ore per scattare, ma poche decine di secondi, prima che la pietanza cominci a perdere la sua freschezza. Quindi mi limito a spennellare l'olio nelle parti che devono esere lucide, o piccoli interventi come questo. Lunedì sera avrò una cena-evento particolarmente costosa, vicino a Brindisi, ed uno spazio per il set davvero microscopico. La cronologia degli eventi sarà: 1. seguire la preparazione di ogni singola pietanza 2. fotografare l'impiattato (generalmente attendo che sia l'ultimo ad uscire dalla cucina) 3. seguire i vari critici che lo mangiano 4. dare un occhio anche i sommelier Avrò un solo assistente, locale, perché non vale la pena pagare l'albergo ad un'altra persona, con il quale non ho mai lavorato. Ed in più so già che ci sarà più di una persona che mi vedrà come un intralcio, salvo poi chiedere le foto gratis... Insomma: sarà un inferno. Se ne esco vivo e con delle foto un po' più che decenti, mi riterrò moooolto sodisfatto. Martedì e mercoledì sarànno meglio, perché lavorerò in una scuola di cucina piuttosto importante e spaziosa, dove però il cucinato conterà poco.
Inviato: 22/11/2015 2:14
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